Riceviamo e pubblichiamo:
Non c’è da stupirsi se nelle nostre colline delle Langhe si è consumato l’ennesimo sfruttamento della forza lavoro, al limite della schiavitù: disumane frustate inferte a un lavoratore con un tondino di ferro di quelli che servono per tendere i fili delle vigne. Un episodio, forse, accaduto all’insaputa dei proprietari dei terreni agricoli, intenti a garantire l’eccellenza del vino “made in Italy”, prodotto a caro prezzo di chi raccoglie. Il lavoro di accertamento dell’autorità giudiziaria è in corso, è prematuro trarre conclusioni ma certamente e purtroppo non è un fatto che stupisce.
Il coordinamento di Libera Cuneo, che ha partecipato alla manifestazione promossa dal vescovo di Alba e dalle organizzazioni sindacali, interviene nel denunciare una situazione drammatica, chiedendo in alternativa “Buon cibo, buon lavoro e buoni produttori agricoli”.
“Il caporalato è un’intermediazione ‘malata’, è reato e non è un fenomeno nuovo, né tanto meno riguarda solo il Sud. Un crimine da tempo denunciato da sindacati come Flai Cgil ma anche da don Luigi Ciotti - osserva Paolo Macagno, coordinatore provinciale di Libera Cuneo -. Le attività giudiziarie e ispettive, effettuate presso le aziende vitivinicole, hanno rilevato mediamente irregolarità nei rapporti di lavoro del 60%. Ricordiamo la sentenza di primo grado, emessa dal tribunale di Cuneo l’11 aprile 2022 per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro che ha inflitto pene pesanti a due aziende del saluzzese. L’appello, più volte rinviato, dovrebbe tenersi a settembre.
“Questo sistema economico sembra aver dimenticato che il lavoro è la base della dignità della persona, e che questa dignità si garantisce con i diritti, con la sicurezza, con la giusta retribuzione. Altrimenti abbiamo lo sfruttamento se non la schiavitù” fu la riflessione, ad agosto 2018, del presidente di Libera don Ciotti a seguito degli incidenti in cui hanno perso la vita, in due giorni, 16 braccianti agricoli in Puglia. Non è cambiato nulla da allora e di lavoro sfruttato si continua a morire.
Serve una revisione della legge Bossi Fini per togliere dal ricatto di continui rinnovi o del rilascio del permesso di soggiorno. Serve un sistema più efficiente di organizzazione delle assunzioni di manodopera, una banca dati nazionale che possa essere utilizzata dai Centri dell'impiego territoriali per creare liste di disponibilità utili per le aziende agricole. Serve un sistema di accoglienza alloggiativa per i lavoratori stagionali (già attuata con risultati positivi nel Saluzzese) e una rete logistica efficace per raggiungere i campi di lavoro.
“I produttori dell’’oro rosso’ hanno le risorse necessarie per pagare adeguatamente e nel rispetto dei contratti collettivi i lavoratori e per sostenere un progetto di accoglienza decoroso, in condivisione con le istituzione locali - aggiungono i volontari di Libera -. Insomma, occorre rispetto della dignità delle persone che attraverso il loro lavoro contribuiscono alla ricchezza di un territorio dichiarato patrimonio UNESCO”.
Quest'anno, per la prima volta si è riusciti a sottoscrivere un protocollo prefettizio che coinvolge più soggetti istituzionali (a partire dai Comuni della zona), associazioni datoriali, sindacali, soggetti del terzo settore. Andiamo avanti in questa direzione.
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