GRINZANE CAVOUR - Mario Roggero racconta a Rete 4 la sua verità: “Non sono un killer”

Ospite della trasmissione Zona Bianca, il gioielliere di Grinzane rievoca la rapina finita nel sangue e dice: “Penso di uscire libero dal processo, ci saranno sorprese”

Andrea Cascioli 28/12/2022 19:21

Non si sottrae ai microfoni e alle telecamere, Mario Roggero, nemmeno dopo che il processo per duplice omicidio contro di lui si è aperto con l’elemento più forte per l’accusa. Quel video di quattro minuti dove la sequenza degli avvenimenti è ricostruita per intero, dall’ingresso dei rapinatori nella sua gioielleria a Gallo di Grinzane fino agli attimi in cui il gioielliere esce dal negozio, fa fuoco contro l’auto dei malviventi e li insegue uno a uno per strada. Due di loro, Giuseppe Mazzarino e Andrea Spinelli, cadono morti: quest’ultimo ha anche il tempo di ingaggiare una brevissima colluttazione con Roggero, quando è già stato ferito e si è accasciato una prima volta. Il terzo, Alessandro Modica, scappa con un proiettile in corpo e si salva.
 
“Questo video è stato mandato in onda per farmi passare per un killer spietato, la realtà non è questa” assicura il commerciante 67enne, originario di La Morra. Roggero parla agli inviati e agli ospiti in studio della trasmissione “Zona Bianca” di Rete Quattro, spiegando di aver inseguito i banditi fuori dal negozio, quando la rapina era ormai terminata, perché non vedeva sua moglie: “Apro la porta ed escono, mi giro e vedo la porta spalancata. Dov’è mia moglie? Della refurtiva non mi interessava nulla. Esco e sparo un colpo: non a cacchio (sic), sparo contro il deflettore”. La questione in realtà dovrà essere chiarita, perché la telecamera interna riprende il gioielliere anche mentre afferra la pistola dal cassetto e corre dietro ai rapinatori: in quel momento sua moglie è lì, anzi si sposta proprio per farlo passare.
 
Alle 17,38 del 28 aprile 2021, quando i malviventi entrano nel negozio, Roggero è nella stanza vicina adibita a laboratorio: “Stavo guardando i monitor, quando sento suonare e vedo il primo che entra di per sé non ci ho fatto caso, anche perché ha chiesto un bracciale a mia figlia. Dopodiché ho visto il secondo passare dietro ai banchi, prendere mia moglie e puntarle il coltello in gola. Contemporaneamente ho visto l’altro puntare una pistola in faccia a Laura, mia figlia”. Su quanto succede dopo il suo racconto è più nebuloso: si allude senza soffermarcisi al fatto che i rapinatori avrebbero “picchiato selvaggiamente” la moglie e puntato la pistola (un giocattolo, si appurerà solo in seguito) contro di lui, iniziando un conto alla rovescia. Ma l’idea di inseguirli armato, dice, sarebbe nata dalle parole scambiate con uno di loro: “Quando mi ha chiesto dove fossero i soldi mi sono illuminato: mi sono detto ‘cavolo, io ho la pistola sotto il registratore di cassa. Se riesco ad accedere al registratore di cassa, forse riesco a prenderla’”.
 
Quello che la difesa sostiene per certo è che in quegli istanti Roggero non fosse presente a sé stesso. Tutto per via di un episodio analogo vissuto nel 2015, quando il titolare della gioielleria era stato derubato e pestato con assurda violenza: “Mi hanno spaccato il naso e tre costole, ho rivissuto quello e mi è crollato il mondo addosso. Ero completamente fuori” dice lui, ora che da vittima è divenuto accusato. E continua: “La nostra vita è cambiata completamente dal 2015, sono cambiati i rapporti tra me e mia moglie, è cambiato il rapporto con le mie figlie all’interno del negozio. Ero sempre teso, mia moglie continuava a bisticciare perché in tutti i discorsi con i clienti finivo sempre lì. Ho detto che forse rivivendo e parlandone sarei riuscito a diminuire il dolore, quelle terribili emozioni che avevo provato allora”.
 
Rivivere tutto questo, spiega, è stato un trauma. Anche perché la rapina era arrivata dopo gli anni difficili del Covid: “Dopo aver avuto perdite finanziarie enormi e aver fatto mutui e finanziamenti” precisa il negoziante, raccontando di essersi indebitato per 180mila euro per onorare tutti i pagamenti. Altri soldi ancora li ha spesi prima di questo processo: “Mi sono prodigato in tutti i modi per venire incontro alle famiglie (delle vittime, ndr), ho pagato 300mila euro anche ai parenti non diretti: ho dovuto vendere un alloggio di mia mamma per pagare i rapinatori e indebitarmi per altri 130mila euro con la Banca d’Alba”. Quei soldi sono un acconto sul risarcimento che in caso di condanna dovrà pagare alle parti civili costituite, ma lui non crede a questa eventualità: “Penso assolutamente di uscire libero, perché molti dettagli verranno fuori durante il procedimento. Non sono uscito per ammazzare e lo dimostrerò, i fatti lo dimostreranno”. Degli inquirenti e soprattutto del perito balistico dice che hanno fatto “un ottimo lavoro”: “Verranno fuori delle sorprese. Non sono uscito per sparare a loro, sono uscito per fermare la macchina”.

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