Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una nostra lettrice.
Gentili signore e signori,
ho appreso dai mezzi di informazione che il 7 ottobre ad Alba si correrà il Palio degli Asini, "una divertente corsa “agonistica”, divenuta negli anni una delle principali attrattive di Alba. Si tratta di un vero e proprio spettacolo che intrattiene gli spettatori per un intero pomeriggio. L'evento è composto da una sfilata in costume, (…). Alla sfilata partecipano tutte le Borgate di Alba che, per l'occasione, si esibiscono in uno spettacolo teatrale per rievocare eventi storici e leggendari che hanno segnato la vita della popolazione medievale. Al termine prende vita la corsa con gli asini nella quale fantini professionisti accendono la rivalità dei borghi tra le risate generali del pubblico. La gara è suddivisa in due batterie più una finale che decreterà il vincitore. Il Palio degli Asini di Alba è un evento goliardico organizzato nel totale rispetto degli animali, un po' meno dei fantini costretti a lottare contro la testardaggine dei propri destrieri. (…) Il palio si corre anche in caso di pioggia. La sfilata, invece, in caso di maltempo è rimandata alla settimana successiva".
Dunque se piove… poco importa… sono gli asini a correre il rischio di cadere e azzopparsi.
Nel video dell’edizione 2014 si vedono asini che fanno capire in ogni modo di non volere essere montati: lo fanno con la gestualità del corpo, le movenze del muso, l’irrequietezza che non è affatto tipica di questi animali tranquilli, costretti invece a prendere parte a una pagliacciata e a fare una corsa insensata che spontaneamente non farebbero mai. Ho visto fantini montare asini domati, spronati, eccitati e battere insistentemente le loro gambe sul ventre degli animali. Questo “momento goliardico” è regolare, secondo gli organizzatori che si affidano ai ferri del mestiere come leggi, regolamenti, atti amministrativi, quando sappiamo bene che non sono i ferri del mestiere a dovere essere messi in discussione ma è il mestiere stesso. Le immagini sono commentate da chi fa la telecronaca della gara con certe espressioni che rendono il quadro della situazione: "partenza frenetica come sempre", "fantino calpestato dal suo asino", "c’è un blocco totale in curva". Dopo che un asino disarciona un fantino, prosegue il suo cammino da solo, disorientato nel guazzabuglio. Il fantino lo segue e il telecronista, riferendosi all’asino, dice: "Sicuramente è fin troppo intelligente per quel che mi riguarda". Un asino è fin troppo intelligente da capire che quello non è il suo posto ma gli esseri umani che organizzano, autorizzano e assistono non lo capiscono affatto. Un asino si immobilizza in mezzo alla pista e non ne vuole sapere di muoversi: il telecronista commenta "muove qualche passo ma non si schioda", "è un continuo tentativo di daje daje e tirare e incitare il proprio ciuco".
E poi interviene una voce femminile: "Un fantino è caduto a terra si è preso un calcione da un asino", "i fantini lavorano durante l’anno perché questo è un vero e proprio sport: bisogna essere decisamente allenati per cavalcare un asino senza sella …non è semplice con il rischio di cadute rovinose che portano qualche disguido". Questo sarebbe uno sport? Se pensiamo che anche la caccia e la pesca sono sport, può esserlo anche una corsa di asini. Il rischio di cadute rovinose esiste ma, guarda caso, nessun fantino si infortuna mai così rovinosamente da capire quanto sia assurda la corsa che sta correndo.
Appuntamenti simili suscitano molte perplessità per la crudeltà che li caratterizza e per il messaggio diseducativo, soprattutto a bambini e bambine che assistono allo spettacolo. Parecchi psicologi hanno sottoscritto un documento in cui esprimono "motivata preoccupazione rispetto alle conseguenze sul piano pedagogico, formativo, psicologico della frequentazione dei bambini di circhi, manifestazioni e spettacoli in cui vengono impropriamente impiegati animali. Queste realtà, infatti, comportano che gli animali siano privati della libertà, mantenuti in contesti innaturali e in condizioni non rispettose dei loro bisogni, costretti a comportamenti contrari alle loro caratteristiche di specie. Tali contesti, lungi dal permettere ed incentivare la conoscenza per la realtà animale, possono essere veicolo di una educazione al non rispetto per gli esseri viventi, indurre al disconoscimento dei messaggi di sofferenza, ostacolare lo sviluppo dell’empatia, che è fondamentale momento di formazione e di crescita, in quanto sollecitano una risposta incongrua, divertita e allegra, alla pena, al disagio, all’ingiustizia".
In Piemonte abbiamo un Garante per i diritti degli animali: che cosa pensa di tutto ciò?
Cordiali saluti
Paola Re