Riceviamo e pubblichiamo una lettera delle associazioni naturaliste della provincia di Cuneo, le quali prendono posizione sul completamento dell'autostrada Asti-Cuneo, ripercorrendo le tappe che hanno portato all'attuale situazione di stallo e proponendo una soluzione alternativa.
"Non perdiamo tempo!”: da trent’anni i sostenitori dell’autostrada Asti-Cuneo usano questo argomento per mettere a tacere chi avanza obiezioni.
Quando una minoranza inascoltata diceva che la soluzione più ragionevole era una superstrada Cuneo-Fossano-Alba, le rispondevano che ci sarebbero voluti vent’anni perché lo Stato trovasse le risorse per finanziarla. Molto meglio aderire all’ipotesi di autostrada a "z”, magari un po’ "originale”, ma l’avrebbe costruita a proprie spese un privato lungimirante...
Così è successo che oggi (passati trent’anni...) abbiamo alcuni pezzi di un’autostrada costruita per i quattro quinti con fondi pubblici (Anas): con quei soldi lo Stato avrebbe potuto costruire l’intera superstrada! Il privato in questione (la famiglia Gavio) deteneva fin dagli anni Ottanta la concessione per l’Autostrada Asti-Cuneo; la perse dopo una serie di osservazioni di Corte dei Conti e Consiglio di Stato; la riottenne per gara nel 2005 e nel 2012 consegnò l’unico pezzo da lui costruito, i 14 chilometri che arrivano a Cuneo passando sul greto di Stura e attraversando il fiume su un bellissimo ponte in curva... perennemente vuoto. I Cuneesi non sanno cosa farsene, smentendo coloro che ritenevano essenziale questo collegamento del capoluogo con la rete autostradale. Dopo la consegna di quei 14 km le ruspe si sono del tutto fermate.
La grandiosa opera ha cominciato a perdere pezzi nel silenzio delle amministrazioni locali. Prima è sparita dai radar la Tangenziale di Cuneo (chi se la ricorda?), poi il fantasioso tunnel sotto il Tanaro. Il sindaco di Alba accettò di sostituirlo con la soluzione più ragionevole: usare la superstrada, che da anni smaltisce egregiamente il traffico, in cambio di alcune migliorie alla viabilità locale.
Tolti questi due petali dalla margherita, Gavio si dedicò, in silenzio, al terzo petalo, con l’aiuto forse inconsapevole dell’allora presidente dell’Unione Industriale, Franco Biraghi. Il tratto mancante per collegare Cherasco ad Alba prevedeva una galleria (addirittura due canne da tre corsie l’una), ma Biraghi obiettò che sarebbe bastato un tratto di superstrada che poteva costare meno di un terzo. Batté per mesi su questo tasto, fino a quando ricevette a Cuneo una visita dell’AD della Asti-Cuneo, Umberto Tosoni, venerdì 14 ottobre 2016. Dopo un colloquio di un’ora e mezza a porte chiuse, l’annuncio: "La società Asti-Cuneo completerà l’autostrada accollandosi l’intero costo dei lavori, se sarà autorizzato l’accorpamento della gestione della A33 (Asti-Cuneo) con la A21 Torino-Piacenza, prolungando la concessione di quest’ultima di sette anni e allineando la scadenza di entrambe al 2024” (La Stampa 16/10/2016). Non si parla del tracciato. Al centro del discorso il cosiddetto "cross financing”: a Gavio si sarebbe concesso un prolungamento della concessione della succulenta Torino-Piacenza (scaduta nel giugno 2017) e da quei pedaggi avrebbe ricavato il necessario per costruire (con le proprie ditte) il pezzo mancante. Annunci continui nel corso del 2017 ripetevano che l’accordo "con l’Europa” sarebbe stato cosa fatta. Nel frattempo la concessione della Torino-Piacenza è stata prorogata ai Gavio (non si capisce per quanto), senza che sia stata bandita la gara prevista dalla legge e dalla stessa precedente convenzione. Nei primi mesi del 2018 il cosiddetto accordo con l’Europa tarda a consolidarsi. Arriva soltanto a fine aprile e stranamente non si parla più della A21 (la Torino-Piacenza), ma della A4, la Torino-Milano. Perché? Tutto avvolto nel più nebuloso segreto. Sembra che Gavio la proroga per la A21 l’abbia già intascata per altre strade.
Ci sarebbero mille cose da dire su quanto è successo e sulle prese in giro che i cittadini della Granda hanno già dovuto subire. Ma oggi possiamo almeno evitare l’ultima fregatura. Il nuovo lotto II.6 è un tratto che collega un’autostrada (la A33) a una superstrada (la tangenziale di Alba). Può servire a collegare Alba e Bra al nuovo ospedale di Verduno: già questo basterebbe a consigliare una superstrada senza pedaggio. Ma c’è di più. L’ipotesi progettuale esistente prevede la costruzione di un mostruoso casello, denominato Alba ovest, che dovendo ospitare le barriere per i pagamenti occupa una superficie enorme in un territorio molto delicato tra la collina e la riva destra del Tanaro, all’interno della "buffer zone” individuata dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Insistere sul volere l’autostrada in quel tratto non ha alcun senso. Chi lo sostiene usa un solo argomento: non modifichiamo nulla di quanto stabilito perché perderemmo altro tempo. Se anche fosse vero, varrebbe la pena di spendere tempo per evitare un disastro e un danno per i cittadini. Ma non è vero. Il tratto da progettare ex novo (lato Cherasco) richiederà mille attenzioni perché si trova in una zona problematica da mille punti di vista, in particolare da quello idrogeologico. E il progetto esistente per il tratto dalla parte di Alba non potrà essere utilizzato così com’è. Saranno necessarie comunque modifiche per adattarlo alla rinuncia al doppio tunnel. In più i tempi per la progettazione e la costruzione di una superstrada saranno certamente più rapidi di quelli necessari per un’autostrada.
In definitiva chiediamo, per il bene dei cittadini e dell’ambiente, che il tratto II.6 sia costruito sotto forma di tratto superstradale.
Pro Natura Cuneo
(Domenico Sanino)
Legambiente Cuneo
(Bruno Piacenza)
Forum per il paesaggio Cuneo
(Ugo Sturlese)
Forum Mobilità Cuneo
(Claudio Bongiovanni)