“Agnelli sacrificali mandati al macello! Che altro sono i lavoratori uccisi sul proprio posto di lavoro? Di fronte alla incessante e tragica sequenza di morti sul lavoro (8 nelle ultime 24 ore), occorre andare oltre il dolore e la solidarietà e perseguire la costante applicazione delle norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro, che esistono già, ma sistematicamente bypassate, con gli effetti devastanti che abbiamo sotto gli occhi!”: a dirlo è Marco Caldiroli, presidente nazionale di Medicina Democratica, all’indomani del terribile incidente alla Fratelli Martini.
Per l’associazione è quasi da “manuale” la tragedia di Cossano Belbo dove due lavoratori sono morti dopo essere caduti in una cisterna, Gerardo Lovisi di 45 anni e Gianni Messa di 58 anni: “I luoghi confinati - ha spiega Caldiroli - continuano ad essere una causa di gravissimi infortuni plurimi e, nello stesso tempo, sono tra i rischi più sottovalutati dalle aziende. Sono chiaramente contemplati nel dlgs 81/2008 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro), agli Art 66, 121, e nell’allegato IV, dove vi sono indicazioni chiare e dettagliate sulle misure protettive da adottare nei lavori o luoghi in cui vi può essere scarsità di ossigeno. I due operatori stavano bonificando una cisterna (probabilmente per togliere residui di gas infiammabili come l’alcool), un luogo confinato: quando l'ossigeno si è abbassato uno è svenuto e l'altro, senza alcuna protezione, ha cercato di salvarlo decedendo anche lui”.
L'azoto è un temibile gas inodore, di cui non ci si accorge se non quando è troppo tardi: l'ossigeno in aria ha una concentrazione normale del 21%. Via via che si riduce si riducono prima le prestazioni fisiche, sotto l’11% si sviene dopo pochi minuti, sotto l’8% si muore in poco tempo. “È presumibile - aggiunge il rappresentante di Medicina Democratica - che i due lavoratori non avessero con loro un misuratore di ossigeno, né idonei dispositivi di protezione individuali: questa ennesima tragedia, come tutte le altre, pone come urgenti e indilazionabili sia il basilare rispetto delle norme da parte di tutti i soggetti, ma anche l’azione diretta dei lavoratori, che devono riappropriarsi della propria sicurezza e salute, anche utilizzando il diritto al rifiuto ad esporsi a rischi gravi ed evidenti, garantito sempre dal dlgs 81”.
“Siamo convinti - conclude - che gli omicidi sul lavoro non sono mai dovuti a fatalità o casualità, ma sono l’esito di inadempienze normative. Per spezzare questa catena di morti va anche ripreso il contatto e il confronto quotidiano tra rappresentanze dei lavoratori e i servizi di prevenzione delle ASL, cui sono demandati i controlli sulla sicurezza. Che gli enti pubblici adempiano al loro ruolo: l’attuazione del diritto alla salute e alla sicurezza, confrontandosi con i lavoratori e, ognuno nel suo ruolo, arricchire un percorso preventivo non basato sulla (rara) buona volontà del datore di lavoro. Se il post Covid necessita di una ‘società della cura’, i luoghi di lavoro pretendono da sempre una visione sociale (e un servizio sanitario) fondata sulla prevenzione: non si potrà raggiungere questo obiettivo delegando ad altri, ma solo con la partecipazione individuale e collettiva di tutti”.