Riceviamo e pubblichiamo:
“Le parole del comitato di cittadini contrari all’apertura di un Centro di Accoglienza per migranti a Bandito di Bra suscitano un profondo rammarico. Questo atteggiamento non solo mostra una mancanza di sensibilità, ma alimenta timori infondati e perpetua stereotipi che rischiano di frammentare ulteriormente il tessuto sociale della comunità.
Le argomentazioni avanzate dal comitato si basano su pregiudizi e timori non supportati dai fatti. Tra le principali motivazioni riportate ci sarebbe il pericolo per la sicurezza dei bambini. Non esiste alcuna evidenza che colleghi l’apertura di un centro di accoglienza a un aumento dei rischi per la comunità. Al contrario, esperienze consolidate dimostrano che l’integrazione arricchisce la comunità stessa. Ad esempio, il progetto di microaccoglienza diffusa avviato a Malegno (Valle Camonica) nel 2011, descritto nel libro "La valle accogliente", ha dimostrato come il coinvolgimento dei rifugiati in attività agricole e lavorative possa contribuire positivamente alla vita della comunità. Non solo non si sono verificati problemi di sicurezza, ma i rifugiati sono diventati una risorsa, aiutando a valorizzare il territorio locale.
A questa paura si aggiunge il possibile impatto economico negativo. L’idea che un centro porti a una svalutazione degli immobili è una convinzione diffusa ma infondata. L’esperienza di Novellara (Reggio Emilia), narrata in "La Padania dell’integrazione", dimostra che progetti di inclusione ben gestiti possono avere un impatto positivo anche dal punto di vista economico. Sotto la guida del sindaco Raul Daoli, le iniziative di integrazione, come il Festival Uguali Diversi, hanno contribuito a rafforzare la coesione sociale e a creare un contesto favorevole allo sviluppo economico locale.
Una delle altre motivazioni sarebbe la non idoneità della struttura. Se vi sono problemi strutturali, il dibattito dovrebbe concentrarsi su come migliorarla, non su come respingere chi cerca rifugio. È essenziale mantenere una prospettiva orientata alla soluzione, anziché al rifiuto.
Le buone prassi, sia in Italia che in Europa, mostrano che l’accoglienza non solo è possibile, ma rappresenta un’occasione di crescita per tutta la comunità. Tra gli esempi c’è Genova e la comunità ecuadoriana. Gli ecuadoriani costituiscono la comunità straniera più numerosa in città, con un forte accesso ai servizi territoriali. Grazie a un memorandum d’intesa firmato nel 2015, il Comune di Genova, il Consolato dell’Ecuador e l’Autorità Giudiziaria hanno avviato iniziative per la tutela dei minori ecuadoriani, creando sportelli dedicati e percorsi di formazione per operatori. Questo dialogo istituzionale ha favorito l’integrazione e migliorato le relazioni tra le comunità.
Un altro esempio è Palermo. Con circa 33.000 stranieri provenienti da 128 nazionalità, Palermo ha adottato politiche di inclusione come la Carta di Palermo (2015), che riconosce la mobilità come diritto umano. Progetti come Un tè con Adilah, nel quartiere Ballarò, hanno promosso l’inclusione delle donne migranti, favorendo la loro autonomia e il dialogo interculturale.
Poi ci sono progetti come quello di Malegno e le iniziative educative di Novellara che dimostrano che l’integrazione, oltre a rafforzare la coesione sociale, può contribuire a superare i pregiudizi e migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.
Senza dimenticare i numerosi esempi europei. In Spagna, ad esempio, il progetto CACE della Federazione Pinardi ha mostrato come un approccio basato su educazione e supporto personalizzato possa prevenire problemi sociali e favorire l’inclusione dei giovani migranti.
Ai cittadini di Bandito di Bra e al comitato che si oppone al centro rivolgiamo un appello alla riflessione. Prima di esprimere contrarietà, domandatevi quale futuro volete per la vostra comunità: un ambiente chiuso e dominato dalla paura del diverso o un esempio di apertura e collaborazione? L’accoglienza non è una minaccia, ma un’opportunità per crescere insieme e rafforzare i valori che da sempre caratterizzano il nostro Paese. Costruire ponti, invece di alzare muri, è la chiave per affrontare le sfide del nostro tempo con solidarietà e determinazione".