Sono i quattro campi di concentramento simbolo della persecuzione nei confronti degli ebrei in Italia. Il destino, il caso, o più empiricamente un gerarca delle SS, ha voluto che, tra il settembre 1943 e il febbraio 1944, uno di questi fosse allestito in provincia di Cuneo, a Borgo San Dalmazzo. In occasione della Giornata della Memoria abbiamo ritenuto di effettuare un approfondimento sulle vicende avvenute nella piazza che oggi ospita Scuole Medie e gli uffici dell’Asl, nei pressi della stazione all’imbocco di due valli dalla quale partivano i vagoni verso Auschwitz.
L’articolo, titolato “
18 settembre 1943-15 febbraio 1944: i cinque mesi in cui a Borgo San Dalmazzo fu aperta una porta verso l’inferno” aveva l’evidente fine di ricordare la deportazione di 357 ebrei. L’idea non è piaciuta ad alcuni utenti che, sulla nostra pagina Facebook, hanno sollevato perplessità sull’opportunità del pezzo. Tra storture grammaticali e sintassi approssimative c’è chi ci ha accusato di improbabili
“strumentalizzazioni a fini elettorali”, mentre più di uno ci ha ricordato che sono molte le tragedie da ricordare, quelle che, secondo un lettore,
“fanno poco comodo”: “[…]
la strage degli indiani d'America, i gulag russi, i khmer rossi, i campi inglesi in India, le foibe”.
Un elenco che peraltro denota poca conoscenza della storia del nostro paese da parte dei Napalm51 d'noi autri. Di momenti difficili da raccontare a causa di resistenze culturali endemiche siamo pieni zeppi, senza andare a chiamare in causa le anime dei Sioux e degli Apache. Per esempio nei mesi scorsi abbiamo narrato del bombardamento 'alleato' sull'orfanotrofio di Centallo, avvenuto nel dicembre 1944, così come abbiamo sempre dato spazio a chi, in provincia di Cuneo, ha cercato di puntare la luce sulla tragedia delle Foibe, vicenda un tempo nascosta sotto il tappeto, ma che dal 2004 viene richiamata ogni 10 febbraio con 'Il Giorno del Ricordo’, ma il punto non è questo.
Se fosse sfuggito a qualcuno il nostro quotidiano online si chiama 'Cuneodice' e prova, senza pretese di superiorità rispetto ad altri, a raccontare ciò che accade tra il Gesso e la Stura e nei loro dintorni, con qualche divagazione su ciò che è accaduto in passato. Siamo certi che tutti i totalitarismi meritano una condanna in egual maniera, ma l'unica dittatura che, dall'unità a oggi, ha conosciuto il nostro paese e di conseguenza la nostra provincia è quella nazifascista. Così come stamane non abbiamo scritto della morte di Kobe Bryant e della vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna non si capisce perché quando guardiamo indietro nel tempo dovremmo pescare tra episodi avvenuti a migliaia di chilometri di distanza e che non hanno alcun collegamento con il nostro territorio, benché si tratti di stragi terribili. Nonostante Papa Francesco abbia asserito il contrario, un dolore condiviso non si dimezza.
Sarebbe piuttosto ora di smetterla con questo benaltrismo da osteria, soprattutto quando si ricorda una pagina oscura come quella delle leggi razziali, che ha prodotto il genocidio di milioni di persone. Non c'è bisogno di essere Alessandro Barbero o Gianni Oliva per capire che la memoria dell’Olocausto non ha colore politico, basta essere degli uomini con comune senso civico. Anzi, basta essere degli uomini.