“Il talento serve per fare qualcosa di speciale, ma è ovvio che non basta se non ci sono dietro ore e ore di sacrificio, che poi non è sacrificio quando fai una cosa che ti piace”. Parole e musica di Pep Guardiola, ospite oggi a Cuneo dell’evento “Dialoghi sul Talento”, organizzato dalla Fondazione CRC al palazzetto dello sport, in collaborazione con Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus, Fondazione Guardiola Sala e con il supporto di Collisioni. Un palazzetto gremito da oltre 3.500 studenti da tutta la provincia, che hanno accolto con una vera e propria ovazione l’allenatore del Manchester City.
Prima dell’evento Guardiola ha risposto alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa organizzata per l’occasione. Una conferenza con domande che hanno spaziato dall’attualità alla carriera del tecnico catalano, passando per il tema della giornata, il talento, con tutto ciò che riguarda il talento e la sua valorizzazione.
Guardiola ha parlato del valore “educativo” della sconfitta: “Dalla sconfitta si impara di più, ma con la vittoria si vive meglio. Nella vita però si vince e si perde, non possiamo cambiarlo, se accettiamo questo viviamo molto meglio”.
Poi il tema del giorno: “Il talento non si sviluppa a casa con Instagram o Twitter, questo è impossibile. Il talento si sviluppa esercitandolo, anche sbagliando. Ti piace giocare a calcio? Allora gioca molto. A volte guardiamo troppo a quel che pensano gli altri e troppo poco a quel che pensiamo noi”.
Vero e proprio rivoluzionario del calcio moderno, Guardiola ha segnato un’epoca del pallone con il “tiki taka” del suo Barcellona. Un’organizzazione di gioco studiata nei minimi dettagli, al punto da portare i suoi detrattori ad accusarlo di “ingabbiare” eccessivamente il talento individuale dei giocatori all’interno di schemi predefiniti. La sua replica: “La tattica si fa per far rendere meglio il giocatore, non è una cosa fine a se stessa, non è una cosa separata dal gioco e dalla tecnica, è un modo per capire dove vogliamo andare insieme: non è solo una cosa estetica, che un allenatore fa per far vedere quanto è bravo. Undici giocatori liberi, che fanno quello che vogliono, è un caos. Le qualità del singolo restano, è il giocatore che decide la giocata in frazioni di secondo”.
Domande anche sul momento attuale del calcio italiano e della nazionale azzurra: “Io penso che il talento c’è ovunque. Non credo che in Italia non ci sia”, ha detto Guardiola. Sul tema è intervenuto con un aneddoto anche Massimo Mauro, ex calciatore, oggi commentatore televisivo, presente in rappresentanza della Fondazione Vialli&Mauro: “Avevo 17 anni, Mazzone decise di portarmi in ritiro con il Catanzaro. In allenamento non c’era volta che prendessi la palla e Mazzone non mi dicesse di puntare l’uomo e provare il dribbling. Questo mi faceva sentire sicuro, anche nell’errore. Ora nei settori giovanili si insegna a giocare a due tocchi, a passare la palla appena possibile: per questo il talento c’è, ma non viene fuori. Qui l’ossessione per il risultato è molto più importante di un dribbling o un tiro in porta. Nei settori giovanili italiani bisogna riprendere a insegnare i fondamentali, a lasciarli esprimere”.
Poi ancora Guardiola, sulla disputa tra “giochisti” e “risultatisti”: “Prendete Allegri e De Zerbi: pensate che uno vuole vincere e l’altro no? De Zerbi non gioca per l’estetica, gioca per vincere. Ognuno pensa che il suo metodo sia il migliore per arrivare alla vittoria, semplicemente. Tutti gli allenatori vogliono vincere. Non ho mai conosciuto un allenatore o un giocatore che non vuole vincere, né uno che non vuole giocare bene”.
Al tecnico catalano è stato chiesto anche dei passati accostamenti alla Juventus, risalenti in particolare all’estate del 2019: "La Juve non mi ha cercato mai. Se la allenerei? In Italia si mangia molto bene”. In chiusura una domanda sul tema del giorno: “Il più grande talento con cui ho giocato? Sicuramente Roberto Baggio”.