Per denunciare ciò che le è accaduto ha prima inviato una lettera al virologo Roberto Burioni, poi la sua storia è finita nella trasmissione “Che tempo che fa”, su Rai 2: Renata Gili, dottoressa e operatrice della Guardia Medica braidese, ha raccontato durante il programma condotto da Fabio Fazio la sua esperienza avvenuta a inizio marzo, quando fu costretta, senza essere sottoposta a tampone, a presentarsi al lavoro dopo giorni in cui aveva presentato chiari sintomi di infezione da Covid-19.
La dottoressa, specialista in sanità pubblica che collabora anche con l’Oms e con lo stesso Burioni su “Medical Facts” e che negli anni scorsi è stata in Africa in prima linea nella lotta all’ebola, ha letto in diretta la sua lettera ricostruendo la cronologia dei fatti, collegata da Torino. E’ il 9 marzo quando le viene la febbre. Il pensiero al Coronavirus è immediato: ha mal di gola, perde il gusto e l'olfatto. Lo comunica ai suoi responsabili, ma non viene sottoposta a tampone. Il 12 marzo la febbre se ne va: per l'azienda la dottoressa dovrebbe tornare a lavorare. Lei, sicura di aver contratto il Coronavirus, decide però di autoisolarsi organizzando alcuni cambi di turno con i colleghi. Riesce a restare isolata fino al 20 marzo, giorno in cui viene sottoposta al test, il cui esito, positivo, arriva il 24 marzo. Il 23 marzo, però, era stata costretta a rientrare al lavoro le dicano di tornare al lavoro: "Per dodici ore quel giorno ho lavorato in una stanza chiusa a contatto con i colleghi - ha raccontato Renata Gili in diretta su Rai Due - . So di esperienze simili di altri dottori in diverse Asl”. Ad oggi la dottoressa risulta ancora positiva ed è in attesa di un tampone di verifica.
“Ritardare un tampone, considerando l’inferno in cui ci trovavamo il 9 marzo, è accettabile, ma non lo è dire a un medico di tornare a lavorare poco dopo aver avuto la febbre per giorni”, ha commentato Burioni, presente in studio. In collegamento, insieme a Luciana Littizzetto, anche Mauro Salizzoni, vicepresidente del Consiglio regionale e direttore dal 1990 dal 2018 del Centro Trapianti di Fegato delle “Molinette” di Torino, e l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco.
L’Asl CN1, pur non rilasciando commenti, ha fatto sapere di aver avviato accertamenti per ricostruire i fatti. Secondo le prime indiscrezioni trapelate da indagini interne, la prima richiesta di tampone per la dottoressa braidese sarebbe stata inviata al Servizio Igiene di Torino, non all’Asl cuneese.