Oltre duemila agricoltori associati a Cia, in arrivo da tutta Italia, il 26 ottobre hanno riempito piazza Santi Apostoli e le vie del centro di Roma per la manifestazione promossa dall’organizzazione agricola con l’obiettivo di lanciare un grido di allarme sulla crisi preoccupante nella quale versa l’intero settore. Oltre duemila produttori e agricoltori, guidati dai vertici nazionali - il presidente Cristiano Fini e il direttore Maurizio Scaccia - con migliaia di bandiere, cartelli, magliette e palloncini verdi per ricordare, sotto il cielo azzurro della Capitale, il grave momento di difficoltà che, dal campo alla tavola, sta portando i prezzi alle stelle rendendo, però, gli agricoltori più poveri. Motivo? Sono un anello debole della filiera agroalimentare in quanto le loro produzioni non vengono remunerate a un prezzo adeguato e, in molti casi, negli ultimi anni, a causa di crisi energetica, effetti della guerra in Ucraina, emergenze climatiche e fitosanitarie, non riescono più a coprire i costi sostenuti nel lavoro quotidiano. Ma i prezzi sugli scaffali crescono in media di tre cifre. Perciò, i conti non tornano. Quindi, bisogna redistribuire nella fase a monte una quota di quell’incremento così da consentire agli agricoltori il giusto reddito per continuare a produrre qualità. Cia, attraverso la mobilitazione, ha chiesto alle Istituzioni, e in particolare al Governo, di attuare quel Piano Agricolo Nazionale, sempre annunciato e mai realizzato, che rimetta al centro l’impresa agricola e il suo reddito. “Non toglieteci il futuro”, è stato l’appello sottolineato dalla piazza. “Noi non siamo il problema, ma la soluzione”, ha detto dal palco il presidente Fini rivendicando con forza il ruolo chiave svolto dal settore anche nella transizione green. Aggiungendo, poi: “A dispetto di tutte le fake news gli agricoltori non inquinano, rispettano da anni gli impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti; producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per ottenere cibi di qualità. Senza agricoltura, il Made in Italy non può esistere e la sicurezza alimentare non ha garanzie; non c’è presidio del territorio e custodia del paesaggio, anche contro il dissesto idrogeologico; le aree interne si spopolano ed economia e società non sopravvivono. Abbiamo, dunque, buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole. Deve rimetterle al centro l’Italia così come l’Europa, che invece di stare dalla nostra parte continua a imporre norme e regolamenti dall’alto”.
Cia Cuneo a Roma
Anche Cia Cuneo è scesa a Roma per la mobilitazione con una ventina di associati, guidati dal direttore provinciale, Igor Varrone, e dai componenti dell’esecutivo e presidenti di zona, Silvio Monasterolo (Fossano) e Diego Botta (Saluzzo). Dice Varrone: “E’ stato un viaggio in pullman di 11 ore, sia in andata sia al ritorno, molto faticoso. Cuneo e le altre province del Piemonte sono state quelle che hanno affrontato il percorso più lungo per raggiungere Roma. Ma ne è valsa la pena. Tra l’altro, la nostra presenza è stata riconosciuta dal presidente Fini e dal direttore Scaccia che sono venuti ad accoglierci e salutarci. Un motivo di orgoglio e di soddisfazione per Cia Cuneo e le Cia della regione”.
Il bilancio della giornata? “Un momento utile e indispensabile di aggregazione e solidarietà, nonostante la partecipazione di associati appartenenti a territori molto diversi tra di loro. Però, tutti uniti e compatti nel rappresentare le difficoltà del mondo agricolo. In alcuni comparti la provincia di Cuneo sta meglio rispetto al quadro nazionale, ma comunque pure da noi i margini di guadagno si sono ridotti all’osso e a volte si lavora in perdita. Per cui, la manifestazione andava fatta anche per una questione di dignità degli imprenditori agricoli. Come ha detto il presidente nazionale Fini: “Noi non siamo il problema, ma la soluzione”.
Pensate che la mobilitazione possa portare qualche risposta positiva da parte del Governo? “Ce lo auguriamo. Ci sono diversi fronti sui quali lavorare, ma soprattutto serve una ripartizione equa ed equilibrata delle risorse all’interno delle singole filiere agroalimentari. Perché, come afferma il presidente provinciale Conterno, “Nella catena del valore, a rimetterci sono sempre il primo e l’ultimo anello: cioè l’agricoltore e il consumatore”.