Sul biodigestore di Borgo San Dalmazzo gli Indipendenti hanno “fatto i compiti”. E studiando meglio, dicono, hanno un po’ cambiato idea: “Sino a ieri - spiega Paolo Armellini - sentivamo dire, e anche noi dicevamo, di non essere contrari alla tecnologia della biodigestione, ma contrari a questo biodigestore. Oggi no”.
Le ragioni di questo inasprimento, da parte del gruppo cuneese che siede all’opposizione in municipio, sono state spiegate in un incontro dove il consigliere Armellini ha illustrato tutte le motivazioni ambientali, economiche e politiche del dissenso. In linea, peraltro, con quanto già accade a Borgo dove è attivo da tempo un comitato del no. “Esiste non solo una criticità di conferimento, economica, ma anche una criticità nella tecnologia di questo impianto di biodigestione” argomenta Armellini. Perché la produzione di biometano “non è finalizzata a una vera economia circolare dei rifiuti, ma è un sistema che consuma energia e richiede una grande spesa per impianti e trasporti, e non è pulito perché inquina”.
Chi dice sì al progetto ne sottolinea anzitutto le ricadute sul piano lavorativo: riqualificare l’attuale discarica di San Nicolao significa prolungarne la vita, altrimenti bisognerà dire addio all’impianto e ai posti di lavoro che assicura. Ma un’alternativa esiste, dicono gli Indipendenti: il progetto attuale prevede una digestione anaerobica, cioè un processo di trasformazione dei rifiuti in assenza di ossigeno, nel quale la sostanza organica si degrada e si trasforma in biogas e in un fango chiamato “digestato”, dal quale poi si ottiene il compost. Questo sistema, dicono i fautori del no, è “poco apprezzato in agricoltura” e garantisce un recupero solo parziale dei rifiuti, “avvalendosi di medio grandi impianti industriali e con i rifiuti intesi come risorsa, perché necessari in una logica di incentivi”. In altre parole, non si tende all’obiettivo di produrre meno immondizia ma a quello opposto.
L’alternativa sarebbe la digestione aerobica, ovvero un impianto il cui fabbisogno produttivo resti inferiore alle 20mila tonnellate di rifiuti annui rispetto a quelle - tra le 45mila e le 60mila, secondo le stime - di cui avrebbe bisogno il futuro biodigestore, per assicurare la propria sostenibilità economica. In questo modo, dice Armellini, gli impianti manterrebbero taglie “medio piccole” e i rifiuti verrebbero ridotti al minimo, senza bisogno di andarli a cercare fuori dal territorio del Consorzio Ecologico Cuneese. “A questo punto - aggiunge - la domanda sorge spontanea: perché produrre il biometano se ha tutti questi svantaggi? Perché ci sono agevolazioni fiscali, attraverso i certificati verdi per produrre biometano: dalla vendita del biometano si ha un guadagno economico”. Nulla di illecito, precisa il consigliere, ma molto di discutibile: “Insediare un impianto che più rifiuti ingurgita più guadagna non è illegittimo, ma è un errore sistemico, rende antieconomiche le politiche virtuose di riduzione a monte. Guardate: questa è una logica perversa: se i cittadini di Borgo, Cuneo e dintorni fossero così virtuosi da ridurre i rifiuti, sarebbe conveniente ed economico, come è stato detto in Commissione consiliare, far arrivare i rifiuti da fuori provincia o regione, oltre che da fuori Consorzio. Con buona pace di tutti noi!”.
Le 45-60mila tonnellate di rifiuti che verrebbero portate a Borgo “non sono le tonnellate di frazione organica che produce l’area del CEC, attestate sulle 17mila, ma sono quelle che vanno a soddisfare un bacino di circa 600-700mila abitanti, quindi più della provincia”. In questo modo una città di 12mila abitanti “dovrà smaltire l’immondizia di 50 volte superiore al suo fabbisogno”: “È un territorio che ha già dato, dove la discarica è presente dal 1982, e che dice no al fatto che Borgo diventi la pattumiera della provincia e che Cuneo, territorio contiguo, debba sopportare le conseguenze”. Quali? Il traffico, anzitutto: “Ogni camion porta in media 10 tonnellate di rifiuti. Per arrivare alle 45 o 60mila tonnellate servono dai 4500 ai 6000 camion all’anno, come minimo, in andata e ritorno, i quali durante il loro tragitto emettono CO2 e PM10”. Ma ci sono anche altri pericoli, si fa presente: l’inquinamento delle falde acquifere, l’impatto negativo in termini urbanistici, il rischio di esplosioni e incidenti legati all’idrogeno solforato, i consumi di acqua e il rumore. “In definitiva - conclude Armellini - non c'è un no assoluto, ma parlare di alternative dal punto di vista della tecnologia, del sito (Borgo non è baricentrico in provincia) e degli investimenti, è cosa buona e giusta”.
“La cosa più grave è che la decisione sta passando sopra le nostre teste” osserva il consigliere, spalleggiato dal collega e capogruppo Giancarlo Boselli: “C’è un problema grave di governance delle società operative del settore. Sono i comuni, in primis il capoluogo, che come soci tracciano la strategia e la politica che le società devono seguire? Si ha come l’impressione che invece queste vivano di vita propria e che la presenza dei soci venga vissuta come un fastidio”. Per Boselli sono chiare le responsabilità dell’amministrazione cuneese, il cui ruolo, come socio di riferimento in Acsr, è stato determinante nella decisione di costruire il biodigestore: “Ricordiamo che la sindaca, dalla sera alla mattina, ha cambiato la sua posizione in materia. Prima ha detto che avrebbe condiviso la posizione di Borgo, contrario ad ospitare l’impianto e contrario all’ operazione, poi ha fatto l’opposto”.
“Con assoluta approssimazione - aggiunge - si è sostenuto in tutte le sedi che, se il rifiuto da conferire non c’era sulla carta, sarebbe poi arrivato in concreto da fuori area e da fuori provincia. E quindi ci sarebbero stati con il tempo i parametri per rendere compatibile finanziariamente l’operazione. Ma il nuovo presidente di autorità piemontese lo ha escluso”. Un tema cruciale che, secondo l’ex candidato sindaco, Cuneo non ha sollevato come avrebbe dovuto: “Non bastano gli incontri frettolosi e le audizioni veloci in commissione consiliare”.