“Il governo della Destra sa solo distribuire divieti e galera. Dai Rave, alle Ong che salvano vite in mare, alle coppie di figli nati usufruendo della gestazione per altri fino ai figli delle detenute madri in carcere. L’ultimo divieto in ordine di tempo riguarda la cosiddetta carne sintetica. Lo ha fatto in pieno delirio sovranista in nome del made in Italy”. Così in una nota il coordinatore di +Europa Granda Flavio Martino.
“I dati parlano chiaro - continua Martino - metà della carne che mangiamo non è italiana ma è importata dall’estero (dal Brasile in particolare) con costi ambientali stratosferici. Per produrre un solo chilo di carne servono 15.000 litri di acqua, gli animali che per sfamare la nostra voracità vengono uccisi sono miliardi ogni anno e non sono solo i vegetariani e i vegani a porsi un problema etico. Tutti sappiamo che questi stessi animali contribuiscono (i dati parlano del 20%-25%) alle emissioni che sono causa dei cambiamenti climatici in atto, per non parlare degli immensi territori dedicati a produrre il cibo per sfamarli che potrebbero avere usi agricoli diversi”.
“No, il made in Italy non è a rischio, sono a rischio il pianeta e il cibo per le future generazioni” afferma l’esponente del partito di Emma Bonino: “Se oggi da una sola cellula si ricavano in poco tempo tonnellate di carne a basso impatto ambientale dov’è il problema? I consumatori nella chiarezza delle etichettature saranno liberi di scegliere tra un salame felino, un lardo d’Arnad e un hamburger di carne sintetica. Ma oggi questa prospettiva non è all’ordine del giorno perché la produzione di carne sintetica non è prossima ad essere commercializzata e si dovrà fare, se lo si farà, con tutte le cautele e le verifiche del caso. Il punto è, come dicono prestigiosi esponenti del Cnr, perché mettere al bando la ricerca e il progresso scientifico? Perché negare a priori questa possibile soluzione alimentare, per chi lo vorrà, in nome di un oscurantismo sovranista e proibizionista?”.
“Credo che prima di vietare tout cour almeno un dibattito non ideologico sarebbe d’obbligo. Diceva Oscar Wilde: ‘Cos’è la tradizione se non un’innovazione ben riuscita?’” conclude.