Riceviamo e pubblichiamo:
Alla luce dell'articolo della giornalista Sara Strippoli su La Repubblica del 1° aprile, che attribuiva le dimissioni del Direttore Generale Elide Azzan e del Direttore Sanitario Monica Rebora alle indebite pressioni della Regione volte ad accelerare la firma del progetto di Partenariato Pubblico Privato, presentato dal proponente Maggiorino Dogliani, è possibile tentare una interpretazione di una vicenda, che sta allarmando molto la cittadinanza e gli ambienti politici.
A me pare probabile che ci troviamo in presenza di un accordo fra le parti per consentire un'uscita d'emergenza alla troppo (!) rigorosa Azzan (e a catena alla Dott.sa Rebora da Lei nominata), che in questo modo giustamente potranno evitare di essere chiamate in causa per danno erariale, giudicando alto il rischio di tale evenienza nel caso avessero condiviso l'attuale proposta di partenariato. Ma chiunque sarà indicato dalla Regione a ricoprire l'incarico di Direttore Generale si troverà ad affrontare la grande responsabilità di approvare un progetto del costo di più di un miliardo, grazie a canoni annuali di 55 milioni per 20 anni dovuti al concessionario dall'ASO per la gestione dei servizi alberghieri, per non parlare di altri rischi insiti in questa modalità contrattuale, che potrebbero essere scaricati sull'ASO. Il progetto appare infatti molto più costoso rispetto al meccanismo di finanziamento INAIL (750 milioni), privilegiato dalla Regione fino a pochi mesi fa, e a quello ministeriale ex-art-20 della legge Donat-Cattin del costo di 500 milioni e comporta quindi gravi rischi di incriminazione per danno erariale.
E così continua la politica regionale (per disegno politico o per incapacità) di demolizione progressiva e strisciante della sanità ospedaliera della nostra città, aumentano le carenze e il disagio degli operatori sanitari (peraltro molto impegnati a mantenere livelli di assistenza di qualità), aumentano le sofferenze e il disagio dei cittadini per l'allungamento delle liste d'attesa. E di conseguenza molti cittadini rinunciano a curarsi, non avendo le risorse per ricorrere a un privato in espansione.
Di fronte a questa situazione veramente preoccupante il PD ha indetto un meeting alle 14 del 3 aprile in corrispondenza del tradizionale ingresso dell'Ospedale per sollecitare la Regione a risolvere rapidamente l'attuale impasse. Benissimo, ma perché in questi 5 anni dall'inizio della ripresa dell'ipotesi di realizzazione dell'Ospedale Unico di Cuneo non c'è mai stato un reale coinvolgimento della cittadinanza, in misura consistente contraria alla collocazione del nuovo Ospedale a Confreria, e si è mantenuto un rapporto di totale sudditanza rispetto alla Giunta Regionale, perché non è stata approfondita la proposta del nostro Gruppo di realizzare in tempi sicuramente più contenuti un intervento di riqualificazione a moduli con modesto ampliamento dell'edificio del S. Croce, mantenendo un rapporto di integrazione con un quartiere che rischia la perdita di molte attività e l'aggravamento di una condizione sociale già problematica, perché il maggiore interesse della maggioranza si è focalizzato sulla nuova sede ospedaliera (con i risultati che vediamo!), trascurando il rinnovamento dei servizi territoriali (Casa di Comunità)?
Perché non si è nemmeno entrati nel merito del nostro OdG, discusso il 28 febbraio in CC, con il quale si chiedeva alla Regione che i 148,8 milioni dei fondi ministeriali per l'edilizia ospedaliera (impegnati invece al sostegno del progetto di partenariato pubblico privato all'origine delle attuali difficoltà) e i 32,5 milioni di fondi ministeriali per interventi antisismici e antincendio già disponibili fossero destinati alla rapida rigenerazione dell'Ospedale S.Croce come sede dell'Ospedale unico di Cuneo, rinunciando alla collocazione nella sede di Confreria, oggetto di precisi vincoli culturali e paesaggistici e da gravi problemi di accessibilità.
Ugo Sturlese - Cuneo per i Beni Comuni