Riceviamo e pubblichiamo:
Negli ultimi anni, l’uso del cellulare a scuola è diventato un tema molto discusso. Da una parte, c’è chi sostiene che l’utilizzo del cellulare in classe possa arricchire l’apprendimento e favorire la comunicazione tra studenti e insegnanti. Infatti, grazie ai dispositivi mobili, gli studenti possono accedere a informazioni aggiornate, utilizzare app educative e interagire in modo più dinamico durante le lezioni. Dall’altra parte, però, ci sono coloro che ritengono che il cellulare rappresenti una distrazione e un ostacolo alla concentrazione degli studenti. Inoltre, l’uso inappropriato del telefono può portare a fenomeni di cyberbullismo o a una dipendenza dalla tecnologia. Pertanto, è fondamentale trovare un equilibrio dell’uso del cellulare a scuola.
La notizia che rimbalza nelle testate giornalistiche locali e nazionali che presso l’itis Del Pozzo sia stata organizzata una iniziativa per la messa al bando dei cellulari, riapre nel territorio una discussione nel merito che parte da iniziative locali e viene in qualche modo esasperata in provincia.
Questo argomento non coinvolge la sfera sindacale non fosse che, in alcune scuole, il divieto dell’uso del cellulare è stato esteso anche a tutto il personale in momenti di non attività lavorativa: ore buca, attesa dell’inizio delle lezioni, pausa caffè ecc… Le regole che ci diamo sono lo specchio dei tempi che attraversiamo. L’intenzione della FLC CGIL Cuneo con questo comunicato non è quello di accattivarsi la simpatia di alcuno, ma di aprire tra il personale scolastico, gli studenti e le famiglie spunti di riflessione nel merito e su alcuni punti di vista sicuramente non marginali: sotto l’aspetto pedagogico il compito della scuola, dei docenti è quello di educare, non di vietare, le regole educative concordate a scuola, senza la necessità della sanzione per ogni cosa, servono a costruire quel senso di autocontrollo ed autogestione che ogni persona deve avere. Quel senso di collaborazione e non di soggezione, quella percezione di stima e non di subalternità che mai devono mancare in uno studente che sta costruendo la sua capacità critica di affrontare le difficoltà e risolvere i problemi. Gli studenti devono imparare a autoregolarsi anche quando si tratta di utilizzare la tecnologia. Altrimenti il rischio è che quando non controllati da terzi non siamo in condizione di capire come e quanto gestire tali strumenti.
Non indifferente è la ricaduta sociale di tale limitazione di libertà essendo tale vincolo non esteso a tutti e con delle zone franche. Tale condizione di cose diventerebbe una volta di più elemento di disuguaglianze sociali, mettendo alcuni dipendenti in svantaggio rispetto ad altri, creando dipendenti di serie A e di serie B e la stessa cosa tra gli alunni stessi. Sotto l’aspetto psicologico è necessario ricordare che ogni divieto è compagno di una trasgressione, tanto più il divieto è stringente severo e rigoroso tanto più stimolerà una pulsione a che esso venga non rispettato e la tecnologia in questa situazione corre più veloce per il potenziale trasgressore che non per chi è chiamato a far rispettare i divieti (orologi da polso con tecnologia 4g, micro cellulari, AI pin).
Questi divieti assoluti, con lo scopo che l’alunno non abbia distrazioni, rischiano di rendere il telefonino l’oggetto centrale nei pensieri degli alunni, sempre più attratti dal mezzo. E la proibizione porterebbe anche al proliferare di furbetti ed i bagni come ai tempi del fumo frequentati da trasgressori rifugiati nella free zone. Non di minor conto l’aspetto didattico, bandire lo smartphone dalla scuola significa negare ai nostri studenti l’opportunità dello sviluppo di condizioni in cui studentesse e studenti sono in grado di convogliare l’uso dei media digitali verso modalità consapevoli e informate. Se veramente consideriamo un particolare uso del telefono un pericolo allora, forse, è proprio a scuola, che si dovrebbero affrontare gli effetti collaterali dei media digitali ed evitare che i nostri studenti ne subiscano le conseguenze negative, pur utilizzandoli per ottenere una estesa varietà di benefici personali e sociali.
Consentendo ai nostri alunni di scalare le posizioni nella graduatoria delle competenze digitali delle nazioni europee nella quale siamo posizionati agli ultimi posti dimostrando un forte ritardo in tale settore. Anche nei momenti di pausa di riposo la scuola resta un ambiente educativo e attraverso i comportamenti gli usi e gli atteggiamenti è possibile per un docente scoprire degli errori, individuare degli eccessi e scoprire dei pericoli consentendo poi di intervenire e correggere. Sarebbe colpevole e ingenuo risolvere in problema costruendosi la garanzia di non vedere.
Il divieto può valere per circostanze estreme, ingovernabili, ma non può valere ovunque e sempre. Perché la scuola è un ambiente educativo sotto ogni punto di vista, ed i nostri giovani vanno accompagnati all’uso intelligente e saggio. Credo sia questo il valore aggiunto da perseguire, che costa maggiore fatica rispetto al facile divieto erga “quasi” omnes. Una politica repressiva, securitaria, anche se condivisa non è efficace, anzi tende a creare ancora più problemi.
Flc Cgil