A settembre l’inflazione continua a mordere con un più 8,9%, facendo registrare un record dal 1985. I beni alimentari sono cresciuti dell’11,5%. Da ottobre la bolletta elettrica aumenta del 59%. Le conseguenze sui bilanci delle imprese e delle famiglie sono drammatici. La Cia esprime forte preoccupazione per un momento storico difficile anche per gli imprenditori agricoli. Dice il presidente provinciale di Cuneo, Claudio Conterno: “Adesso c’è il rischio reale che molte aziende debbano chiudere o accorparsi, perché non sono più in grado di sostenere nuovi aumenti delle spese. La nostra agricoltura deve produrre qualità e non quantità e adeguarsi all’innovazione, ma ha anche bisogno di vedersi garantito un reddito. La qualità va pagata il giusto”.
Cioè? “Occorre cambiare il rapporto che c’è nella catena distributiva e ripartire in modo più equo il valore, il guadagno. La filiera ha le criticità ai suoi estremi: il punto di partenza - l’agricoltore - e quello di arrivo - il consumatore -, che sono i più penalizzati dal sistema. Le famiglie continuano a perdere potere di acquisto per colpa dei costi sempre più alti del cibo sugli scaffali dei supermercati, mentre dall’altra parte gli agricoltori non hanno un riconoscimento adeguato del prezzo di vendita dei loro prodotti”.
Cosa serve? “Dopo le elezioni ora abbiamo assolutamente bisogno di stabilità, con un nuovo Governo che sia operativo il prima possibile per mettere in campo misure strutturali contro la crisi. Così da ridare fiducia a imprese e cittadini”.
Nel concreto? “L’esecutivo da un lato dovrà sostenere e rilanciare i consumi e sull’altro fronte attuare ulteriori misure a supporto della liquidità delle aziende. Inoltre, si deve continuare a lavorare con la Ue per il blocco del prezzo del gas a livello europeo”.
Ma non solo? “Per le imprese agricole occorre anche ottenere l’autorizzazione a immettere in rete l’energia elettrica prodotta con il fotovoltaico che supera quella necessaria all’autoconsumo. L’agricoltore se realizza l’intervento non la fa certamente per speculazione, ma per avere l’energia necessaria a gestire l’azienda. La vendita di quella in eccesso rimane un aspetto marginale rispetto a quella utilizzata che, tuttavia, permetterebbe a chi è interessato a investire nelle rinnovabili di integrare il proprio reddito e di assorbire i costi di produzione sempre più alti. Assicurandosi così un minimo di sostenibilità economica”.