In Italia gli allevamenti dei bovini di Razza Piemontese sono 4.150, concentrati per il 60% nella provincia di Cuneo e i rimanenti soprattutto in quelle di Torino, Biella, Asti e Alessandria. Nel nostro Paese si arriva a un totale di oltre 282.000 capi allevati. Nello scorso mese di giugno il costo medio di produzione alla stalla dell’animale vivo era di 4,9/5,2 euro al chilogrammo contro un prezzo massimo di vendita sui 4/4,15 euro al chilogrammo. Come è adesso la situazione? Lo abbiamo chiesto a Silvio Chionetti, vicedirettore e responsabile dell’area tecnica provinciale di Cia Cuneo. Afferma: “Il prezzo di vendita, dopo aver subito ancora un calo, causato dal rallentamento dei consumi nei mesi estivi con le vacanze, ora è di nuovo tornato sui 4/4,15 euro. I costi di produzione sono leggermente scesi e adesso arrivano a 4,5/4,7 euro al chilogrammo. Ma sono ancora troppo alti. Infatti la diminuzione dei prezzi di acquisto del mais, il prodotto più utilizzato nell’alimentazione dei bovini, e dei foraggi, che parecchi allevatori hanno iniziato a coltivarsi in proprio, non ha compensato il forte aumento del gasolio agricolo, utilizzato per tanti lavori nel settore”.
Di conseguenza? “Il comparto è in forte crisi e le aziende continuano a lavorare in perdita. Anche perché rispetto ad altre carni bovine i costi di produzione toccano soglie elevate, in quanto la qualità della Piemontese è molto alta grazie ai disciplinari rigidi sui tipi di alimentazione e le modalità di allevamento. Però, nei prezzi di vendita c’è poca differenza con le altre razze bovine e la qualità non viene remunerata il giusto”.
Cosa si deve fare? “La Piemontese è un fiore all’occhiello del nostro territorio e bisogna individuare un percorso per distinguerla dalle altre razze”. Cioè? “Non è valorizzata e promossa come meriterebbe da chi si dovrebbe occupare di farlo, quindi è poco conosciuta al di fuori delle aree dove viene prodotta. Un aspetto sul quale bisognerebbe lavorare molto di più affinché di possano raggiungere nuovi mercati, almeno nazionali”.
Ma non solo. “La non adeguata promozione si collega a una non adeguata sensibilizzazione del consumatore sulle eccellenti caratteristiche organolettiche della Piemontese. E allora si scelgono carni di altre razze magari per pochi centesimi di differenza. Inoltre, occorrerebbe sviluppare una strategia sul come presentarla e cucinarla. Trovarla confezionata nelle vaschette è diverso dal farsela tagliare al momento. A questo si aggiunge la vita frenetica dei tempi attuali che ci fa consumare spesso cibi pronti, facendoci dimenticare i tagli pregiati offerti dalla Piemontese. Come quelli per il bollito e il brasato. Certo bisogna dedicare maggiore tempo a cucinarli, ma quei piatti hanno un sapore unico e impagabile”.
Le prospettive per i prossimi mesi? “Bisogna iniziare ad affrontare questi problemi in modo deciso. Anche perché viviamo la contraddizione di importare carne bovina dall’estero, mentre abbiamo in casa un’eccellenza di straordinaria qualità che rischiamo di perdere. E dobbiamo fare presto, perché se gli allevatori continuano a dover fare i conti con una situazione insostenibile a livello economico prima diminuiscono i capi e, poi, sono costretti a chiudere le stalle”.