CUNEO - Cinque anni fa il primo caso di Covid nella Granda. Icardi: "Ricordo il peso di ogni decisione"

L'allora assessore regionale alla Sanità ricorda le prime fasi della pandemia: "Giorni tremendi, in cui nemmeno la scienza aveva risposte chiare. A volte non era facile spiegare le scelte"

Luigi Icardi

Andrea Dalmasso 06/03/2025 07:32

Il 6 marzo del 2020 venivano registrati i primi due casi di Covid-19 in provincia di Cuneo. Quattro giorni dopo, il 10 marzo, la Granda avrebbe pianto la sua prima vittima, un pensionato di 67 anni, residente a Busca, spentosi all’ospedale “Carle” dopo aver contratto il virus. Anche la nostra provincia piombava così in un incubo che fino a poche settimane prima sembrava ancora lontano, confinato prima alla Cina e poi ad altre zone d’Italia. Alla fine del 2020 la Granda avrebbe contato il 29% in più di morti rispetto alla media degli anni dal 2015 al 2019. Sono passati cinque anni da quel momento in cui le vite e le abitudini di tutti furono sconvolte: la sera del 9 marzo 2020 scattò il lockdown a livello nazionale, con il cosiddetto decreto “Io resto a casa” firmato dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
 
Tra chi in quei giorni era in prima linea ad affrontare una sfida inedita ed epocale c’era anche Luigi Icardi, all’epoca assessore regionale alla Sanità: “Furono giorni terribili. - ricorda l’attuale consigliere regionale - Ricordo benissimo il peso della responsabilità, il peso delle decisioni che dovevamo prendere, ma soprattutto quello dettato dal fatto di avere di fronte qualcosa di sconosciuto, su cui nemmeno la scienza aveva risposte chiare. Anche i nostri tecnici, quelli che poi avrebbero fatto parte del Comitato tecnico scientifico, in un certo senso non sapevano che pesci prendere. Sapere che anche la scienza non sapeva cosa fare era un peso enorme da affrontare”.
 
Strade vuote, negozi chiusi, città deserte: quei giorni, come detto, stravolsero le abitudini di tutti. “In quei giorni perdemmo ogni cognizione del tempo. - prosegue Icardi - Ricordo l’immagine dell’autostrada vuota andando a Torino, quando ci recavamo in Unità di crisi. Lì avevamo un tabellone che riportava i posti liberi in terapia intensiva. Quando si avvicinava allo zero, ricordo che c’era un senso di oppressione: sono stati giorni difficilissimi”.
 
Il momento più complicato in assoluto? “Il giorno in cui abbiamo dovuto chiudere quattordici Pronto soccorso tutti insieme, in modo da avere ventilatori polmonari da destinare alle terapie intensive: quello forse è stato il momento più difficile. A volte non era facile spiegare certe scelte: in quel periodo spesso anche il territorio e i Sindaci faticavano a capire certi meccanismi. Avevamo liste d’attesa di decine di persone per le chiamate di Pronto Soccorso, era una cosa tremenda”. 
 
Momenti complessi che non sarebbero finiti con i due mesi di lockdown e con la fase più acuta della pandemia: “Un altro momento per me durissimo sarebbe poi arrivato nei mesi e anni successivi, quando ricevetti minacce di morte da parte dei no vax”, dice l’allora assessore regionale alla Sanità.
 
Sfide sconosciute, quelle di quel periodo, che comportavano anche problematiche mai affrontate prime anche a livello logistico: “Non si trovano mascherine, fummo costretti a fare delle acrobazie, anche finanziarie, per comprarle in giro per il mondo”. Quali le lezioni che il Covid ha impartito? “Sono state messe in evidenza tutte le manchevolezze di una sanità territoriale che è stata completamente destrutturata nei decenni, e che ora stiamo gradualmente cercando di ricostruire. - dice Icardi - È stata messa in luce l’importanza di una sanità, pubblica o privata, che sappia rispondere ai bisogni, oggi aumentati in modo esponenziale. A distanza di cinque anni sono aumentati anche i bisogni relativi alla salute mentale, soprattutto nei giovani: sono loro che hanno sofferto maggiormente il lockdown e le chiusure. Come comunità, in generale, per noi sono crollate molte certezze che sembravano incrollabili".

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