“Non siamo contrari al libero scambio, ma fin da subito la nostra posizione è stata netta contro il Ceta, perché svende i migliori prodotti dell’agroalimentare italiano, legalizzando l’italian sounding. Da qui il nostro plauso all’impegno preso dal vicepremier Di Maio che ha annunciato durante la recente assemblea annuale di Coldiretti di voler respingere l’accordo per difendere gli interessi e la qualità eccellente del Made in Italy”, commentano Bruno Rivarossa e Tino Arosio di Coldiretti Cuneo.
I punti critici dell’accordo sono tanti, a partire dalle vistose eccezioni rispetto alla tutela delle denominazioni ed indicazioni protette: in Canada con il termine parmesan si continua ad indicare il formaggio grattugiato, si vende il “prosciutto di Parma” canadese ed è consentito utilizzare i termini “genere”, “tipo” e “stile” per produrre, tra l’altro, formaggi simili a gorgonzola e fontina. Non c’è tutela neanche per il re dei vini, il Barolo, perché non sono previsti limiti per i wine kit che promettono di produrre in poche settimane le etichette più prestigiose dei vini italiani. D’altro canto, la positiva diminuzione dell’import di grano duro canadese, per la cui essicazione è utilizzato l’erbicida glifosate, secondo modalità vietate in Italia, è dovuta esclusivamente alla grande battaglia di trasparenza di Coldiretti contro le contraddizioni di questo accordo. “Alla faccia di chi immaginava scenari luminosi per le nostre esportazioni, dall’entrata in vigore del Ceta dobbiamo registrare il significativo calo delle esportazioni agroalimentari italiane verso il Canada: in particolare nell’export del vino, così come del grana padano, altra produzione del nostro territorio”, proseguono i vertici di Coldiretti Cuneo. Nei primi quattro mesi dell’anno, a livello nazionale sono scese del 4 per cento le bottiglie di vino Made in Italy esportate in Canada rispetto allo stesso periodo del 2017 e le esportazioni di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano in Canada sono diminuite in valore del 10% nel primo trimestre del 2018. Al contrario, nei primi tre mesi del 2018 sono stati prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), 2,3 milioni di ricotta locale, 36,1 milioni di chili di mozzarella, secondo le elaborazioni sui dati dell’ultimo rapporto del Governo canadese.
Per quanto riguarda la nostra Regione, su ventidue D.O.P. e I.G.P., l’accordo ne tutela appena quattro. Restano fuori il Castelmagno, il Crudo di Cuneo, la carne dei Vitelloni Piemontesi della coscia, la nocciola Piemonte per citare alcune eccellenze della nostra Provincia. L'export piemontese verso il Canada vale oltre 50 milioni di Euro e i comparti che rischiano i danni maggiori sono quello vitivinicolo, quello dei bovini da carne e dei prodotti lattiero-caseari, in particolare il Gorgonzola di cui abbiamo prodotto nell’ultimo anno 40mila tonnellate, che corrispondono a circa la metà della produzione nazionale.