I francesi di Lactalis acquisiscono la Nuova Castelli dopo che, negli anni scorsi, avevano già fatto incetta di marchi italiani come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori. La Nuova Castelli è il principale esportatore di Parmigiano Reggiano così la presenza francese in Italia si estende a prodotti nazionali a denominazione di origine (Dop).
“Un’operazione lampo, molto probabilmente frutto della distrazione presente nel nostro Paese a causa delle elezioni, ma che ora rischia di essere pagata dagli allevatori italiani ai quali la Lactalis ha infatti appena comunicato di voler ridurre unilateralmente il prezzo del latte alla stalla sottoscritto solo pochi mesi fa, in controtendenza rispetto all’andamento del mercato - denuncia Roberto Moncalvo Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo -. Un’assurdità pensare che un prodotto simbolo del Made in Italy possa diventare francese. Dobbiamo vigilare attentamente su questa situazione che potrebbe cambiare gli equilibri di mercato, mettere a rischio la competitività del sistema produttivo nazionale e aprire le porte alla delocalizzazione. Per questo ora devono essere resi pubblici - prosegue Moncalvo - tutti i termini dell’accordo e pretese adeguate garanzie sulle produzioni, sulla tutela delle denominazioni dalle imitazioni, sulla difesa dei posti di lavoro e sull’eventuale abuso di posizioni dominanti sul mercato lattiero caseario. Alla luce di quanto avvenuto, cresce anche la preoccupazione per le Dop piemontesi che sono ben 10 e coprono da nord a sud la nostra regione che potrebbero fare prima o poi la stessa fine. Per questo continuiamo a tenere alta l’attenzione e a difendere i marchi storici, fondamentali per il nostro agroalimentare e per garantire ai consumatori prodotti veramente italiani dei quali è possibile tracciare la provenienza e avere la certezza di tutta la filiera produttiva”.
“La tutela dei marchi storici è una necessità per l’agroalimentare nazionale - spiega Tino Arosio, Direttore di Coldiretti Cuneo - dopo che ormai circa 3 su 4 sono già finiti in mani straniere e vengono spesso sfruttati per vendere prodotti che di italiano non hanno più nulla, dall’origine degli ingredienti allo stabilimento di produzione fino all’impiego della manodopera”.