Le barriere sanitarie e burocratiche erette spesso strumentalmente nei confronti dei prodotti agroalimentari nazionali rappresentano una grave criticità per l’export del Made in Italy. Un freno che è in aumento dell’8% nei primi otto mesi del 2023 dopo aver raggiunto, nel 2022, il valore record di 60,7 miliardi di euro secondo una analisi della Coldiretti su dati ISTAT. È quanto denuncia l’analisi della Coldiretti diffusa in occasione della giornata conclusiva del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla nostra Organizzazione in collaborazione con lo studio The European House – Ambrosetti a Villa Miani a Roma, alla quale hanno preso parte il presidente di Coldiretti Piemonte, Cristina Brizzolari, la delegata di Giovani Impresa Piemonte, Claudia Roggero, membro dell’esecutivo nazionale.
“Spesso – afferma Enrico Nada, Presidente di Coldiretti Cuneo – le esportazioni nazionali sono ostacolate da blocchi e misure restrittive che ufficialmente vengono giustificati dal rischio della diffusione di malattie e parassiti delle piante, ma che invece coprono politiche protezionistiche. Si tratta di una vera e propria guerra commerciale sommersa che nasconde spesso la volontà di difendere degli interessi locali per aggirare anche accordi internazionali sul libero scambio”. Per quanto riguarda le produzioni piemontesi, numerosi sono i prodotti che vengono rifiutati all’estero: i kiwi non possono essere esportati in Giappone e in Thailandia, le mele in Cile, Perù, Messico e Cina, mentre le pere non hanno vita facile in Thailandia. Il Messico, invece, impedisce l’arrivo delle fragole e delle barbatelle per la vite e in Brasile non sono autorizzate le susine provenienti dall’Italia, nonostante l’Unione Europea abbia siglato l’accordo di libero scambio con tutta l’area Mercosur di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Le difficoltà continuano per la carne bovina, bloccata in Colombia, Perù e Corea del Sud a causa del rischio Bse. Alle barriere fitosanitarie si sommano gli ostacoli burocratici all’export, anche in Usa e in Cina, nonostante le esportazioni siano autorizzate a partire dal novembre 2023. A causa del mancato riconoscimento del principio di regionalizzazione per la peste suina africana, la carne di maiale non trova spazio in Cina, Colombia, Corea del Sud, Indonesia, Messico, Sud Africa. La carne di pollo non trova sbarco in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Malesia a causa delle restrizioni dovute all’influenza aviaria. La burocrazia rende difficoltoso l’export anche in Cina, Thailandia e Vietnam. “Serve un task-force a livello nazionale – conclude il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – che permetta di rimuovere celermente le barriere non tariffarie che troppo spesso impediscono le nostre esportazioni. Per questo è necessario intervenire anche sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati anche ai risultati commerciali”.