Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta inviata alla nostra redazione dall'ex presidente della Fondazione CRC Ezio Falco.
Gentile Direttore,
scrivo questa riflessione nel giorno del ricordo della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, tema che purtroppo, a distanza di quasi ottanta anni, ancora divide la classe dirigente del Paese. Voglio però riflettere su quello che è accaduto una settimana fa a Torino, con l’elezione del presidente della Fondazione CRT e la sconfitta di Giovanni Quaglia. A mio parere questo fatto rappresenta la fine di un “califfato” che ha governato per trent’anni la provincia di Cuneo, quello costituito da Piero Bertolotto, Ferruccio Dardanello e Giovanni Quaglia.
Una trimurti che ha condizionato la vita politica, economica e finanziaria del nostro territorio, resistendo ai cambiamenti che nel frattempo avvenivano. Però poi è arrivato per i tre il giorno della fine del potere personale. È stato nel 2010 per Bertolotto, padre padrone della banca del territorio, accantonato da un coraggioso CdA della Fondazione CRC, dopo aver esagerato nella volontà egemonica. Poi è toccato a Dardanello, a cui la regola dei mandati (dopo averne fatti di innumerevoli alla CCIAA) e quella del limite dell’età (nella CRC), hanno impedito il proseguimento di una carriera infinita. Oggi è l’ora di Quaglia, battuto dal suo mentore, a cui doveva la presidenza di CRT e non solo.
Il filo rosso che ha caratterizzato questi tre personaggi è stato l’aver interpretato “il potere per il potere”, come esercizio fine a sé stesso, in funzione del suo mantenimento e della promozione di uno sparuto gruppo di accoliti. Sono diventati ricchi, hanno distribuito posti, prebende, contributi a pioggia, soldi della comunità, senza mai investire una lira ed un euro del loro patrimonio. Pseudo imprenditori, ma con i soldi della comunità. Mi auguro che questa epoca di successo (per loro), stia finendo, pur con qualche peana di troppo. Non è ancora finita, perché l’attuale classe dirigente cuneese, a tutti i livelli, politici ed economici, è ancora strettamente connessa alle dinamiche e alla cultura proprie dei tre di cui sopra. Ma arriverà una nuova generazione che ignorerà queste storie e che potrà finalmente avviarne una nuova. Almeno lo spero, anche se le vicende politiche di questi ultimi trent’anni segnalano che spesso non è stato così.
Ezio Falco