Non studiano, non lavorano e non cercano lavoro, sono i neet (acronimo di “not engaged in education, employment or training”). È un fenomeno molto ampio, difficile da incasellare e classificare, spesso trattato con superficialità, non indagandone le cause, ma traendo conclusioni affrettate. Fanno parte di questo gruppo persone che rinviano il momento di entrata nel mondo del lavoro una volta concluse le scuole superiori, altre che non hanno avuto nella vita la possibilità di acquisire la sicurezza necessaria per proporsi per un lavoro, e altre ancora che sono rassegnate e non cercano impiego perché sono sfiduciate nei confronti del futuro.
I neet sono diffusi in tutta la penisola con punte nel sud Italia. Secondo i dati della fondazione Openpolis consultabili gratuitamente sul sito ufficiale, “i primi dieci capoluoghi per incidenza del fenomeno dei neet nel 2019 si trovavano in nove casi nel mezzogiorno, in particolare nelle città siciliane”. A guidare la classifica c’è Catania con il 42% dei 15-29enni in questa situazione di stallo, seguita da Palermo, Napoli, Messina e Caltanissetta. Tutte con valori molto elevati, che si collocano tra il 30 e il 40%. Ci sono poi otto città in cui l’incidenza dei neet si colloca sotto il 18%. La più virtuosa è Belluno (16,1%), insieme a Pesaro, Rimini e Siena. Di questo gruppo non fa parte nessun capoluogo del Piemonte.
Riuscire a recuperare le persone che escono sia dal sistema scolastico che da quello lavorativo non è semplice, ma è fondamentale dal punto di vista economico, oltre che personale e sociale. Le percentuali, inoltre, anche se non sono disponibili dati divisi per comune dopo il 2019, sono aumentate a livello nazionale in seguito alla pandemia. E il rischio è che, sottovalutando la situazione, i numeri non si fermino.
La situazione in Piemonte
Il Piemonte non è immune a questo fenomeno. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, la percentuale dei neet piemontesi tra i 15 e i 29 anni nel 2022 era pari al 15% del totale dei ragazzi, un numero inferiore alla media nazionale (19%), ma leggermente superiore a quella delle regioni del nord ovest (14%). Il territorio con la maggiore incidenza di neet è il Verbano, con il 19,5%.
I dati più recenti divisi per comune sono forniti da Openpolis, riguardano tutte le città con più di cinquemila abitanti e mostrano che anche in provincia Granda alcuni comuni superano la media nazionale. Sono Sommariva del Bosco (21,9% nel 2019), Ceva (20,4%), Dronero (20,2%) e Mondovì (19,5%). Anche la città di Cuneo si aggiunge al gruppo con il 21,5%, dato che la rende la seconda peggiore del Cuneese. Il dato del capoluogo della Granda, inoltre, è peggiorato più di altri nel corso del tempo considerando che nel 2014 il numero di neet era fermo al 18%. Però registra anche un dato positivo: è la città capoluogo in Piemonte, secondo i dati Istat più recenti, con la più alta partecipazione al sistema scolastico dei bambini di 4-5 anni (94,9%).
Uno degli altri comuni in cui il numero è cresciuto in modo più evidente è Dronero, in cui il dato è passato dal 17,2% al 20,2%. Ci sono poi luoghi che nel 2014 superavano la media italiana, come Bra (19,1%), Cavallermaggiore (20,5%) e Canale (20,1%), ma che in appena cinque anni sono riusciti a migliorare la loro percentuale scendendo sotto la media (Bra 18,9%; Cavallermaggiore 18,4% e Canale 18,1%). In testa alla classifica c’è Cherasco con il 14,2%, dato che è rimasto stabile dal 2014 al 2019. Al secondo posto, poi, Boves (dal 15% al 14,8%), seguito da Peveragno (dal 14,0% al 15,8%) e Centallo (dal 14,7% al 16,1%).