Un coro di no contro il riarmo europeo dai banchi del Consiglio comunale di Cuneo. Il dato politico emerge dopo due ore di dibattito che a tratti si riduce a uno scambio di contumelie tra i consiglieri. La proposta illustrata da Mario Di Vico (Cuneo Civica), favorevole al piano ReArm Europe, ne esce affossata: votano sì solo in sei, i tre esponenti di Cuneo Civica insieme a due centristi (Silvano Enrici e Vincenzo Pellegrino) e a Domenico Giraudo del gruppo misto di minoranza. I no, tredici, arrivano compatti da destra a sinistra, insieme a sette astensioni (l’unica scelta “di gruppo” qui è quella degli Indipendenti e di Nino Pittari).
Passa invece l’odg di segno contrario presentato da Cuneo per i Beni Comuni e Cuneo Mia, con il titolo “No all’Europa del riarmo, sì all’Europa del welfare”. “Non c’è nessuna improvvisa corsa al riarmo, il riarmo è in corso da tempo” dice Di Vico: nel 2022, anno record per le spese del ministero della Difesa, si è arrivati a “quasi 26 miliardi di euro, il 3,2% del bilancio dello Stato”. “Un mondo senza regole - conclude il consigliere della maggioranza - si distrugge prima di costruirsi e l’Europa per difendere i confini e i propri abitanti è obbligata a riarmarsi, perché l’aggressione non la respingi con le belle parole”.
C’è chi dice no, anche in maggioranza: “Follia eurobelligerante”
A dividersi però è la stessa maggioranza consiliare. Flavia Barbano di Centro per Cuneo, parlando a titolo personale (il gruppo ha lasciato libertà di voto), stronca senza appello la proposta: “Ci alziamo in piedi a inizio seduta per un minuto di silenzio per le vittime di guerra e poi parliamo di riarmo europeo, mi sembra una follia”. L’iniziativa è definita “una follia eurobelligerante che metterà in ginocchio gli italiani: l’Europa vuole usare i soldi degli italiani per pagare carri armati tedeschi”. Parole di fuoco anche per la manifestazione del 15 marzo (“piazze piene di sessantottini che erano per la pace quando erano in età da guerra”) e per il governo ucraino: “La telefonata tra Putin e Trump apre la strada per la pace in Ucraina, dove Zelensky massacra il suo popolo da tre anni”.
Applaude Beppe Lauria che si scatena contro Di Vico: “Ha letto una serie infinita di castronerie. Ho un figlio maschio di 23 anni che con quello che sta succedendo in Ucraina non c’entra niente: se domani grazie a fenomeni come lei dovesse partire per fare la sua guerra, vengo a prenderla a calci nel sedere”. Provocazioni a parte, l’esponente di Indipendenza! motiva così il suo voto: “Già oggi è previsto che 40mila giovani vengano richiamati: gli 800 miliardi non ce li regalano, li dovremo restituire. La Grecia è fallita perché l’Unione Europea disse che non si poteva uscire dal patto di stabilità, per comprare le armi è possibile uscire dal patto di stabilità”. Dai banchi a destra l’unico voto all’ordine del giorno pacifista, insieme a quello di Lauria, viene dal leghista Valter Bongiovanni: “Mi vergognerei di presentare un odg come quello del consigliere Di Vico: la pace non si potrà mai fare con le armi. Neanche io manderei mio figlio a combattere in una guerra assurda. Zelensky non ha prodotto altro che la moria degli ucraini in guerra, così come i russi”.
Contro l’Europa “a due facce”, austeritaria sul welfare e spendacciona sulla difesa, si schiera da sinistra Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni), per il quale “le classi dirigenti europee dimostrano in questo modo tutta la loro inadeguatezza, fondando la loro pretesa egemonica su strumenti di guerra e non su un modello di società”. L’ex Pci stigmatizza un “iperattivismo bellicista” in risposta “a minacce che non esistono e mai espresse”: “Noi sosteniamo l’Europa, ma non un’Europa non meglio identificata che si riconosce nei paradigmi del neoliberismo e si riarma perché colpita dalla sindrome della fortezza assediata. Sì all’Europa del manifesto di Ventotene, sfregiato dalla nostra presidente del Consiglio che ha dimostrato di essere fascista nell’animo”. Per Claudio Bongiovanni (Cuneo Mia) “il riarmo non è una necessità ma una volontà generata: la guerra piace a chi non la conosce diceva Erasmo da Rotterdam nel ‘500, infatti piace ai politici e a chi ha interessi economici e ne sta bene in disparte. Riarmarsi prelude alla guerra, è una vera forma di terrorismo di massa”.
Nella maggioranza la piddina Sara Manassero cita Kant e conclude: “Si dirà che tornare a essere guerrieri è una necessità, ma io a questa necessità non voglio credere. Personalmente sono felice che non ci siano donne e uomini in Europa, ora, disposti a uccidere e a morire”. Erio Ambrosino, indipendente del Pd, si richiama alle priorità: “La priorità per me, oggi, non è fare la guerra. Discuterò un ordine del giorno sulle cooperative sociali alla canna del gas, per sostenere il welfare, gli anziani in istituto e i minori: questo è il nostro atto politico”. “Penso che la questione della difesa comune sia comunque un principio che vada prima o poi affrontato, ma la difesa comune non si fa dall’oggi al domani” osserva Stefania D’Ulisse (Cuneo Solidale Democratica), anche lei contraria all’odg pro riarmo e favorevole a quello pacifista.
“Non c’è welfare senza sicurezza”: le ragioni dei “pro riarmo”
Sono in pochi a esporsi per il piano ReArm e tutti tengono a rimarcare una cosa: “Qui non c’è scritto che l’ordine del giorno è a favore della guerra” dice Luca Paschiero (Cuneo Civica), sventolando il testo. La questione “non è la guerra ma la difesa”: “L’Italia è insieme alla Spagna il Paese europeo che spende meno per le armi in rapporto al Pil e mai arriverà al famoso 3% del Pil che si è ripromessa Ursula von der Leyen. Oggi si spende molto meno rispetto a periodi storici precedenti, si spendeva molto di più in proporzione alla fine degli anni Sessanta e alla fine degli anni Ottanta”. “Secondo voi, attivisti della pace, può esistere il welfare e il benessere senza la sicurezza?” chiede Vincenzo Pellegrino (Centro per Cuneo).
Una posizione più equidistante, ma comunque filoucraina, è quella di Paolo Armellini (Indipendenti): “Anche se è difficile capire dove è il bene e dove è il giusto non si può non stare dalla parte della democrazia, simbolo dell’Europa in pace da ottant’anni. L’Ucraina è la prima frontiera da difendere per difendere la sovranità dell’Europa: lo hanno capito benissimo i finlandesi e i baltici che sentono il fiato sul collo della ‘madre Russia’”. Il punto, osserva, è che l’Ue è rimasta indietro: “Difenderci come europei è un diritto oltre che un dovere, ma parlare di riarmo come ne parla l’Ue vuol dire disperdere miliardi in mille rivoli, senza alcun vantaggio strategico. L’Europa non ha dittatori ma non ha nemmeno un capo e si è mossa tardi, troppo occupata dalle etichette del vino e dalla lunghezza delle vongole”.