CUNEO - Dagli affitti alle stelle alla concorrenza dell'online: anche a Cuneo sempre più serrande abbassate

La direttrice provinciale di Confesercenti Nadia Dal Bono commenta i dati regionali sulle chiusure: "Non è possibile che il prezzo degli affitti di Cuneo si avvicini a quello di città come Milano"

Micol Maccario 04/06/2024 07:58

I dati di Confesercenti sulla chiusura dei negozi di vicinato in Piemonte diffusi ieri delineano una situazione che non fa ben sperare: nei primi tre mesi di quest’anno sono scomparse quasi ottocento imprese del commercio al dettaglio, una media di quasi nove negozi al giorno, compresi i festivi. E, guardando la situazione a livello locale, anche il Cuneese si inserisce in questa tendenza negativa.
 
Non abbiamo i numeri a livello provinciale, ma abbiamo fatto un censimento nella zona del Monregalese ed è emerso che solo a Mondovì, a fine anno, hanno chiuso tre negozi storici”, spiega Nadia Dal Bono, direttrice provinciale di Confesercenti. E il capoluogo della Granda non fa eccezione: “A Cuneo hanno chiuso in cinque o sei, certo, ne sono stati aperti uno o due, ma siamo comunque in negativo”. 
 
Dopo la pandemia da Covid-19 il modo di fare acquisti è cambiato perché le persone hanno iniziato a rivolgersi sempre di più agli e-commerce, però il commercio non è stato capace di seguire il cambiamento. Basti pensare al fatto che il clima si è modificato in questi anni - è giugno, ma le temperature non sono quelle di fine primavera a cui si era abituati - i periodi dei saldi però sono rimasti gli stessi, senza andare incontro alle esigenze degli acquirenti.
 
Non esiste più il negozio concepito come una volta, quando c’era il commercio in sede fissa. Adesso funziona la modalità mista, cioè sia online che in sede fissa”, continua Dal Bono. Secondo la direttrice di Confesercenti, sarebbe necessaria una modernizzazione del modo in cui si concepiscono le vendite e gli acquisti. Per dare un impulso al settore bisognerebbe partire dai locali sfitti nella provincia Granda: “Ce ne sono tantissimi a Cuneo, Mondovì, Boves, ma anche in città più piccole come Roccavione e in tutte le vallate circostanti. I negozi vuoti dovrebbero essere rinnovati e reinventati, magari adibiti a temporary shop o altro”.
  
Sono numerose le motivazioni che hanno portato a questa situazione. In primo luogo, il cambiamento di abitudine degli acquirenti, ma anche un minor costo per i venditori che aprono un’attività in rete. A questo poi si aggiungono altre variabili, come il prezzo degli affitti che continua a salire e diventa insostenibile per molte attività, le tasse, le bollette e i pagamenti dei contributi eccessivamente elevati, senza contare il costo dei dipendenti: “Abbiamo una sommatoria di spese notevoli, che diventano difficili da sostenere, soprattutto se si apre una nuova attività”.
 
Il problema però non si è sviluppato in tempi recenti. Sono anni che nelle vallate delle nostre zone gli alimentari, i panettieri, i tabaccai, in generale tutti i piccoli negozi chiudono e, di conseguenza, la gente si sposta per mancanza di servizi: “Quest’emorragia è iniziata dalle zone montane. Se si fosse tamponato subito il problema partendo dai negozietti di montagna, lasciando popolati quei paesi, il problema non sarebbe arrivato in zone come Cuneo e Mondovì. Il rischio è che questa reazione a catena non si fermerà qua, ma continuerà nelle grandi città se non si farà nulla per cambiare la situazione”.
 
Per invertire la tendenza sarebbe necessario l’intervento dei Comuni e della Regione. Secondo Nadia Dal Bono, “è necessario un accordo tra Comuni, Regioni e proprietari dei muri, dove i primi due intervengono per tenere bassi gli affitti e, al contempo, fanno pagare meno spese. Non è possibile che il prezzo degli affitti di Cuneo si avvicini a quello di città come Milano”. A questo deve sommarsi un cambio di mentalità, che intervenga ripensando un altro tipo di commercio e una diversa valorizzazione delle città e delle valli, riempiendo locali vuoti, creando posti di lavoro e rendendo le città della Granda più attrattive.

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