CUNEO - Dal convegno “Un Piemonte libero dalle mafie” allarme sul crescente radicamento della criminalità organizzata

Il presidente della Regione Alberto Cirio: "Il dovere non è solo di non girarsi da un'altra parte, ma è quello di denunciare"

13/03/2025 15:02

Dal convegno “Un Piemonte libero dalle mafie”, voluto dalla Commissione Legalità del Consiglio regionale, è arrivato forte l’allarme per il crescente radicamento delle organizzazioni criminali, in particolare la ‘ndrangheta, in Piemonte. Una mafia che si è fatta imprenditore e che, come ha spiegato il presidente del Consiglio regionale Davide Nicco durante i saluti istituzionali, “si insinua nell'economia legale, nel tessuto imprenditoriale e negli appalti pubblici, minacciando la libera concorrenza, l’occupazione onesta e la sicurezza dei cittadini. Come istituzioni, abbiamo il dovere di restare vigili, la presenza della Commissione Legalità è un segnale chiaro di questo impegno. Serve un’alleanza tra istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, mondo dell’informazione, scuola e società civile per contrastare il fenomeno in modo efficace”.
 
Un invito a tenere alta la guardia è arrivato anche dal presidente della Giunta Alberto Cirio: “Dobbiamo essere tutti noi testimoni di giustizia. Un buon cittadino, un buon amministratore pubblico sono testimone di giustizia. Il dovere non è solo di non girarsi da un'altra parte, ma è quello di denunciare. Sui beni confiscati abbiamo messo più risorse, siamo passati dai 600-700mila euro in media degli ultimi anni a 1.200.000 stanziati nel 2025. Con una recente delibera abbiamo semplificato le procedure di utilizzo di queste risorse da parte degli enti pubblici”.
 
Sulla stessa linea Domenico Rossi, presidente della Commissione Legalità, che ha condotto la mattinata insieme ai due vice Gianna Gancia e Pasquale Coluccio: “Siamo qui perché crediamo che la conoscenza e lo studio siano il primo strumento per difenderci. Se non si riconosce un problema, non lo si può affrontare. Serve tenere sempre alta l’attenzione su questi fenomeni perché tra le ragioni che hanno permesso alla ‘ndrangheta di colonizzare anche le regioni del nord c’è il ‘cono d’ombra’ tra opinione pubblica e ‘ndrangheta. Al rischio dell’ignoranza si aggiunge quello della sottovalutazione”.
 
Il procuratore generale di Torino, Lucia Musti, ha aperto la lunga serie di interventi: “Le mafie sono dentro la società, e non hanno confini. Il centro nord è occupato ‘militarmente’ dalla ‘ndrangheta. La mafia imprenditrice è ben consapevole di quanto preziosi siano i professionisti e attinge a quelli che, incredibile ma vero, sono attirati come le falene nella luce della notte, proprio dai mafiosi. Le mafie non hanno abbandonato le modalità violente, ma si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate”.
 

c.s.

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