Abbiamo già scritto nei giorni scorsi dell'omicidio di Marco De Angelis e della forte emozione che il fatto di sangue ha suscitato tra i cuneesi. Tra una vasca e l'altra l'argomento è diventato, suo malgrado, un classico della conversazione da diporto. A molti sarà capitato di tentare di placare la canicola serale con un gelato e una passeggiata sotto i portici di via Roma e corso Nizza e ad alcuni di questi molti sarà capitato di incontrare un vicino di casa o un ex collega che abbia imputato l'efferato omicidio al cosiddetto “imbarbarimento della società”, una sorta di assioma che da qualche tempo viene utilizzato come la salsa di soia sul sushi nei talk show e negli editoriali di autorevoli quotidiani, ma è davvero così?
A quanto dicono i dati no. Almeno per quanto riguarda la provincia di Cuneo. Dal 2010 ad oggi il numero di omicidi volontari è stabile, o piuttosto tendente alla discesa. L'Istat riporta i dati dei delitti denunciati dalle forze di polizia all'autorità giudiziaria e le variazioni, se ci sono, sono positive. Nove anni fa gli omicidi volontari furono ben sei, quattro l'anno successivo e cinque nel 2012. Due nel 2013, due nel 2014, tre nel 2015, quattro nel 2016 e quattro nel 2017. Lo scorso anno sono stati quattro, due sono stati commessi nell'anno in corso. Non è neanche il caso di tirar fuori ancora una volta il refrain di 'Cuneo isola felice' per descrivere uno scenario che è decisamente migliorato negli ultimi anni se si guarda alla criminalità in generale. Sono tendenzialmente in calo reati odiosi come la violenza sessuale, ma anche i furti e le rapine, specie quelle in banca. Vero, sono in aumento i furti in appartamento e, per ovvi motivi truffe e frodi informatiche, ma è francamente troppo poco per suffragare la tesi della deriva sociale.
Come spesso accade, quella che è un'opinone diffusa in ampie fette della popolazione, non è suffragata da riscontri oggettivi.