CUNEO - Ddl Nordio, parla il presidente degli avvocati: “Un errore abolire l’abuso d’ufficio”

Alessandro Ferrero mette in guardia anche sulle nuove norme per la custodia cautelare: “In tribunali con pochi giudici, come a Cuneo, si rischia la paralisi”

Andrea Cascioli 11/07/2024 17:00

Non è una bocciatura su tutta la linea, ma le perplessità del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo Alessandro Ferrero sul ddl Nordio appena approvato sono parecchie. A cominciare dal punto più discusso, ovvero l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.
 
Le ragioni che il ministro della Giustizia ha portato per giustificarla sono molteplici: è un reato “evanescente”, dice il guardasigilli, perché di rado viene contestato da solo e ancor più raramente porta a una condanna. Tanto per parlare di numeri, nel 2021 solo nove dei 5.418 procedimenti per abuso d’ufficio davanti alle sezioni gip/gup dei tribunali si sono conclusi con condanne, ad essi si aggiungono 35 sentenze di patteggiamento e altre 18 condanne su 513 procedimenti finiti al dibattimento. Una circostanza che l’avvocato Ferrero non nega, ma il punto, fa notare, è un altro: “Non è accettabile abrogare il reato per eliminare un problema emendabile in altri modi: intanto, ed è una considerazione banale, perché non tutti i procedimenti sono finiti con l’archiviazione o l’assoluzione”.
 
L’abuso d’ufficio, spiega il giurista, era stato previsto come “norma di chiusura” per sanzionare quei comportamenti degli amministratori pubblici che suscitavano allarme sociale, pur non rientrando nelle maglie più strette di altre fattispecie di reato, come la corruzione, la concussione o l’omissione di atti d’ufficio. “Questo comportamento - avverte - rischia ora di rimanere scoperto dal punto di vista della deterrenza penale, anche se potrebbe trovare sanzione amministrativa: pensiamo al classico esempio di un sindaco che trasforma da agricolo in edificabile il terreno del parente o dell’amico”. Il problema, ribadisce, “si sarebbe potuto risolvere eliminando le storture, anziché il reato”.
 
Da ex vicesindaco - tuttora consigliere comunale di maggioranza - a Vignolo, Ferrero ha ben presenti anche i crucci che la giustizia può creare agli amministratori, specie nei piccoli comuni: il timore che una firma su un atto sbagliato possa portare ad anni di guai con le procure e i tribunali esiste. “Ma è anche vero - sottolinea - che queste paure sono legate non tanto all’esistenza di una tipologia di reato, ma piuttosto a procedimenti penali che vengono portati fino al primo grado e che potrebbero concludersi, magari, in istruttoria”. In altre parole, agli errori degli inquirenti o all’ostinazione dei pm su tesi accusatorie labili.
 
A questo proposito, c’è un’altra novità della legge appena approvata che viene salutata dagli avvocati: la non appellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado, da parte dell’accusa, per i reati di “contenuta gravità”. Fatta salva la possibilità di ricorrere, invece, per i reati più gravi. “Su questo sono piuttosto favorevole, del resto siamo già passati a un vaglio del giudice penale” dice il presidente degli avvocati, che pone anche un altro tema: “Ci si chiede sempre se, anche qualora la sentenza di assoluzione venga riformata in appello, non sussista comunque quel ragionevole dubbio che dovrebbe essere superato per arrivare a una condanna”. L’effetto pratico, negli auspici del legislatore, dovrebbe essere quello di sgravare i tribunali di appello dai reati bagatellari. Ma se il giudice di primo grado sbaglia? “C’è pur sempre il ricorso in Cassazione a fronte di palesi violazioni di diritto. Quindi è salvaguardato il diritto dell’accusa di far valere le proprie ragioni, se il giudice viola la norma di legge”.
 
La riforma Nordio contiene anche un paio di punti importanti in favore degli indagati. Anzitutto, l’informazione di garanzia dovrà contenere una “descrizione sommaria del fatto” che oggi non è prevista: “Norme improntate a un giusto garantismo: devo sapere fin dal primo momento, in maniera completa, cosa mi viene contestato” commenta Ferrero. Più problematica è l’altra previsione, cioè che un collegio di tre giudici, non più un solo magistrato, decida sull’applicazione della custodia cautelare in carcere. In teoria dovrebbe servire a prevenire abusi e giudizi affrettati, ma si ignora il fatto che, molto spesso, la coperta dell’organico nei tribunali è cortissima.
 
A Cuneo, per esempio, l’ufficio dei giudici per le indagini e le udienze preliminari conta su quattro magistrati: se in tre si devono esprimere sulla custodia cautelare, ne resterà solo uno che possa seguire i successivi atti d’indagine. “Non è una misura epocale sotto il profilo della garanzia, - dice il presidente degli avvocati - ma è idonea a creare una grave paralisi nei piccoli e medi tribunali, come il nostro”. Qui si ripropone un male cronico nelle riforme della giustizia, già visto con la Cartabia e l’introduzione dell’udienza predibattimentale: ovvero che la politica inventa grandi cambiamenti sulle procedure, ma non mette un soldo sul personale. “Si pretende di fare riforme a costo zero, ignorando il grave disagio degli uffici giudiziari” sintetizza Ferrero: “Incomincia a mancare in maniera molto sensibile il personale amministrativo. E anche un organico di giudici completo, in assenza di personale, porta alla paralisi. Le riforme a costo zero, purtroppo, sono delle ‘non riforme’”.

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