Appare sempre più evidente che c’è un’altra faccia della medaglia nella pandemia in corso. Oltre alla mole di ricoveri che ha a tratti paralizzato il sistema sanitario e alle conseguenze a lungo termine della malattia ancora tutte da valutare, la società fa i conti con l’esplodere di problematiche rimaste a lungo sottotraccia: il disagio mentale tra adolescenti e preadolescenti e gli effetti dell’isolamento sociale su giovani e famiglie sono in cima a questa lista.
Se n’è discusso nel corso dell’ultimo Consiglio comunale a Cuneo, a partire da un’interpellanza di Maria Laura Risso (Centro per Cuneo) sull’incremento del disagio psicologico tra i ragazzi e da un ordine del giorno (approvato con 30 sì su 31 votanti) per l’istituzione di un piano di contrasto dell’emergenza educativa promosso dai gruppi di maggioranza. Risso, chiedendo all’amministrazione di adoperarsi per agevolare dove possibile l’assunzione di figure specializzate (psichiatri, neuropsichiatri infantili, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali), rileva le fragilità del sistema sanitario piemontese sul fronte delle patologie psichiatriche in età giovanile: “In Piemonte non esiste un reparto di neuropsichiatria pubblico a eccezione di quello universitario del Regina Margherita di Torino, purtroppo sempre affollato. La politica dovrebbe rendersi conto dell’epocale aumento di disturbi mentali, da anni segnalati dall’Oms al primo posto come causa di disabilità nel mondo occidentale”.
L’assessore ai Servizi educativi Franca Giordano risponde che sul fenomeno dell’isolamento degli adolescenti il Comune sostiene da anni il progetto Hikikomori, che affronta appunto la tematica del ritiro dalle relazioni sociali e dell’insorgere di depressione, problemi relazionali e disturbi alimentari connessi: “Questo problema che pure è in crescita non aveva ancora assunto le dimensioni che oggi conosciamo. - ammette l’assessore - È innegabile che la mancanza di relazioni nella scuola, tra compagni, con i docenti, con gli amici, l’impossibilità di svolgere attività sportive, ricreative e culturali abbia minato la fragilità di tanti ragazzi con conseguenze drammatiche per tante famiglie e per il contesto sociale nel suo insieme”.
Sulla linea del contrasto a questi fenomeni si inserisce l’ordine del giorno illustrato da Simone Priola (Partito Democratico) per chiedere all’amministrazione di promuovere con gli attori della scuola un piano di contrasto all’emergenza educativa: “Già nel 2018 - ricorda il consigliere dem - l’Istat segnalava più 3 milioni di minori a rischio povertà ed esclusione sociale e 1,6 milioni in povertà assoluta. C’è poi il tema della didattica a distanza: le famiglie povere che non hanno a disposizione questi strumenti per seguire le lezioni sono state svantaggiate, in particolare l’Istat afferma che il 41,9% dei minori vive in spazi sovraffollati dove non ci sono spazi per seguire le lezioni e il 7% in grave deprivazione abitativa”.
Priola invita a questo proposito a “uscire dalla dinamica di tifoseria e dagli assolutismi su didattica a distanza e didattica in presenza”, mentre per Beppe Lauria “la DAD non è uno strumento utile e meno che mai da continuare a sviluppare, ancorché stante la situazione attuale la cosa probabilmente si renderà necessaria: considero la DAD il fallimento della politica sulla scuola”. Più sfumata la posizione di Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni): “La scuola ha pagato il prezzo più alto, sacrificata alle esigenze dell’economia e delle attività produttive. In un sistema in cui la frequenza scolastica è considerata la prima cosa da tagliare in emergenza è difficile immaginare di superare il gap educativo”. Sulle riaperture, tuttavia, Sturlese precisa: “Non sono d’accordo neanche con quelli della mia parte che manifestano per la scuola aperta comunque, anche se hanno validissimi motivi”.