CUNEO - Eredità Ferrero, il Comune di Cuneo vende un palazzo in corso Dante (a due milioni)

Insorgono le opposizioni: “Scandaloso, un insulto alla memoria del benefattore”. L’assessore Spedale: “Non è stata una decisione presa a cuor leggero”

Andrea Cascioli 31/01/2024 19:00

Correva l’anno 2011 quando il 93enne Giulio Ferrero si spegneva senza eredi, lasciando al Comune di Cuneo il più ingente patrimonio testamentario della sua storia: un ammontare di circa 9 milioni e 200mila euro tra i conti bancari, la collezione delle opere d’arte (ben quarantacinque) e i mobili di pregio, gli alloggi.
 
Un regalo ai concittadini, quello del dentista e mecenate, che l’amministrazione negli anni ha investito in maggior parte per finanziare la riqualificazione di palazzo Santa Croce, prossima sede della biblioteca civica: 4.626.000 euro sui 14,6 milioni complessivi provenivano proprio dall’eredità del dottore. Resta però una parte del “tesoretto”, soprattutto in beni immobili: tredici alloggi, undici dei quali (di cui cinque sfitti) si trovano nel palazzo al civico 20 di corso Dante, con relativi box auto. In una recente riunione di commissione l’assessore al Patrimonio Alessandro Spedale ha annunciato l’intenzione di mettere tutto in vendita, a un prezzo che le opposizioni giudicano risibile: due milioni di euro.
 
“È un insulto alla memoria del dottor Ferrero: andremo a beneficiare dieci cittadini acquirenti sottraendo a tutta la cittadinanza un patrimonio valorizzabile” insorge Paolo Armellini (Indipendenti), già autore di ben tre interpellanze sul tema: “Se affitto tredici alloggi a circa 500 euro l’uno al mese, arrivo a un totale di circa un milione di euro: non posso pensare che non ci fossero i soldi per una manutenzione programmata, come è stato detto in commissione”. Il consigliere lamenta il mancato accantonamento degli affitti e le “gravi conseguenze” derivanti dalla mancata locazione: “La non produzione di redditi e il degrado degli immobili, che si traduce in un mancato guadagno. Se non è stata una scelta politica è stata ignavia, da parte di chi? Possibile che non si sia trovato da affittare nemmeno a studi professionali?”.
 
“Sorpreso e scandalizzato” si dice anche Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni): “Mi lascia stupefatto il valore di vendita definito, di 2 milioni su 11 alloggi per un totale di 1840 metri quadri. Se guardiamo l’osservatorio dell’Agenzia delle Entrate vediamo che la valutazione è del tutto inconsueta, perché per le abitazioni civili la valutazione è da 1300 a 1500 euro al metro quadro”. I due milioni appaiono quindi adagiati sul valore “minimo”, laddove quello massimo, sostiene il decano della sinistra civica, potrebbe aggirarsi intorno al doppio, cioè quattro milioni.
 
Franco Civallero (Forza Italia) ci va giù ancora più duro: “L’eredità Ferrero è finita in mano a gente incompetente, che ha lasciato andare questi alloggi che senza lavori di ammodernamento dovranno essere svenduti”. Ci sono anche le opere d’arte, ricorda l’ex candidato sindaco del centrodestra: “Ricordo di aver visto in casa del dottor Ferrero un De Chirico e un De Pisis”. Quadri che infatti figuravano nel catalogo della mostra realizzata a palazzo Samone nel 2013, insieme ad opere di Argentero, Bergesio, Bucci, Lattes, Maggi, Marsanasco, Mus, Sacheri, Steffenini e Zolla. “I quadri e i mobili di pregio ci sono sicuramente, ma non sono finalizzati: si potrebbero mettere a palazzo Samone o in una pinacoteca che non c’è e che magari si poteva creare a palazzo Chiodo incalza Armellini.
 
“La decisione che abbiamo presentato in commissione non è stata presa a cuor leggero” risponde l’assessore Spedale: “Di fronte a una situazione dove cinque alloggi sono rimasti sfitti - spiega - e hanno problemi di manutenzione straordinaria su infissi, impianti elettrici e idraulici e ristrutturazione integrale, non si può rimanere fermi”. E le opere d’arte? Sono inventariate, ma per il momento non si sa dove e come esporle. Nelle sue ultime volontà il dottor Ferrero, dichiarato cittadino benemerito nel 2015, aveva ricordato quella collezione di pezzi di valore costruita in una vita intera, assieme alla moglie Vanna Bruno: “Sono a Cuneo, si sono creati a Cuneo: è giusto che rimangano alla Città di Cuneo”. Tredici anni dopo la sua morte, però, la comunità aspetta di vederle “restituite”.

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