Riceviamo e pubblichiamo da un cacciatore cuneese.
Egregio Direttore,
In questo periodo di chiusure, limitazioni alla libertà delle persone, e altre privazioni a cui tutti, per il bene comune, siamo sottoposti, mi sono permesso di fare alcune riflessioni sull’argomento che avrei piacere di condividere con i suoi lettori.
Non passa purtroppo giorno che non si legga sui media di incidenti stradali, a volte purtroppo mortali causati dalla fauna selvatica: le statistiche (non le opinioni) le attribuiscono in percentuale decrescente a cinghiali, caprioli, cervi, ed altra selvaggina minore. Non parliamo poi dei danni arrecati all’agricoltura con cifre allarmanti ed in progressiva ed esponenziale crescita, anche qui i “responsabili” sono gli stessi.
Secondo l’art. 1 della Legge 157/92 la Fauna selvatica :”(...) è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”. Nel successivo articolo (1 bis) la norma testualmente recita : ”(...) Lo Stato e le Regioni si adoperano per mantenere o adeguare la popolazione della fauna selvatica a un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche e colturali, tenendo conto anche delle esigenze economiche , nonché ad evitare, nell’attuare i provvedimenti di competenza, il deterioramento della situazione attuale”. Tanto premesso circa gli incidenti stradali se il cittadino non stipula apposita polizza di copertura assicurativa tra i cui rischi sia previsto tale evento non riceverà alcunchè da nessuno , circa il risarcimento dei danni alle colture agricole questi vengono parzialmente ristorati per il tramite dell’Ente Regionale a seguito di un iter che comporta un lasso di tempo evento/risarcimento della durata, in molti casi, di parecchi anni.
Le statistiche, non le opinioni, ci dicono che l’unico rimedio attualmente in grado di “(...) mantenere o adeguare la popolazione della fauna selvatica a un livello corrispondente alle esigenze ecologiche , scientifiche” (legge 157/92) sia l’attività venatoria.
Col DPCM del novembre scorso tale tipo di controllo della fauna è stato interdetto per tutto il periodo di “zona rossa” (circa 3 settimane) e parzialmente limitato per le successive due di “zona arancione” prima che la Regione con interpretazione autentica la autorizzasse in quanto ritenuta tra quelle di “interesse pubblico” se esercite nell’ambito della propria residenza venatoria . È seguito poi il DPCM di Natale con nuova inibizione nei periodi di “zona rossa” e autorizzazione in “zona arancio” . L’Ente Regionale preposto a normare in tal senso è quindi corso ai rimendi demandando facoltà ai gestori del territorio venabile - Comprensorio Alpini e Ambiti Territoriali di Caccia - la possibiltà di recuperare le giornate “perse” entro il termine perentorio del 31 gennaio 2021.
Nel frattempo però, per chi non l’avesse notato, siamo in pieno inverno ed è arrivata la neve, copiosa come non si vedeva da anni anche nelle ”terre basse” ! Cosa c’entra? C’entra eccome dal momento in cui nei territori di pianura non è permessa l’attività di prelievo venatorio della specie cinghiale (maggior responsabile di incidenti stradali e danni all’agricoltura) su terreno innevato mentre lo è nei comprensori alpini. Il risultato è semplice e scontato nelle pianure dove il cinghiale è massicciamente presente e causa la maggior parte delle problematiche dovute al suo sovrannumero (incidenti, possibile diffusione di epizooziee all’uomo ed agli animali domestici, danni alle colture di pregio come vigneti, frutteti, ortofrutticole ecc.) non potrà essere controllato mentre potrà essere sterminato in montagna dove bene o male la sua presenza è ancora in molti casi tollerabile (con una modalità, mi permetto di aggiungere, eticamente discutibile e “sleale”) .
Mi chiedo come nell’era della “digitalizzazione estrema” e della “velocità assoluta” sia mai possibile che gli enti preposti non siano stati in grado di prevedere quanto sopra esposto in una situazione come quella pandemica autunnale (largamente annunciata) perdendo così quasi un terzo del periodo concesso dal legislatore per utilizzare uno strumento gratuito alla Comunità (anzi a dire il vero pagato da chi lo pratica!) e attualmente l’unico statisticamente valido? Mi pare inoltre quasi surreale che il “Mondo Ambientalista”, da sempre attento a queste problematiche, non abbia avanzato alcuna eccezione in merito.
Nell’augurio di aver dato ad altri spunto di riflessione sull’argomento ringraziando per la disponibilità distintamente saluto.
Lettera firmata