Addio ai fornitori italiani per le city car. L’annuncio di FCA ha raggelato l’intero indotto dell’automotive piemontese, un migliaio di aziende con 58mila operai e un volume d'affari pari a circa 18 miliardi di euro.
La tegola è arrivata pochi giorni fa con una lettera in inglese: la ex Fiat mette nero su bianco la volontà di sospendere con effetto immediato le attività di ricerca, sviluppo e produzione per le auto più piccole del brand, che da ora in poi - come anticipato dall’edizione torinese del Corriere della Sera - verranno costruite secondo il “modello francese”. Sarà l’impianto polacco di Tychy (che oggi assembla Peugeot 208, Citroen C3 e C4 e Opel Corsa) a costruire tutte le nuove utilitarie su piattaforma PSA-CMP, gli ‘alleati’ francesi del gruppo che controlla Citroen e Peugeot con i quali lo scorso 16 luglio FCA ha sancito la fusione.
Ovviamente non sono tardate le reazioni dal mondo della politica e dell’economia. Mentre il presidente di Confartigianato Piemonte Giorgio Felici rintuzza la polemica sul maxi prestito approvato dal Mef (“La garanzia dello Stato al prestito di Intesa Sanpaolo a Fca non era forse giustificata dal fatto che ne avrebbe beneficiato il sistema automotive piemontese nel suo complesso, a cominciare dai fornitori?”), la deputata di Forza Italia Claudia Porchietto ha già annunciato un’interrogazione. Anche l’onorevole Monica Ciaburro di Fratelli d’Italia fa sentire la sua voce: “Voglio augurarmi che il Ministro dello Sviluppo economico sappia interagire con i vertici di FCA al fine di trovare una seria e stabile soluzione, perché se l’azienda chiede aiuti di Stato non può poi cancellare le commesse ai suoi fornitori”.
Il rischio è quello di compromettere un comparto già provato da anni e anni di crisi, osserva la deputata meloniana, proprio nel momento in cui la crisi post-Covid morde di più: “FCA chiede 6,5 miliardi di contributi allo Stato e contestualmente, fondendosi con PSA, taglia ogni prospettiva a tutte quelle piccole e medie aziende dell’indotto automotive”. Una ‘pugnalata alle spalle’ nei confronti di una regione, il Piemonte, “dove la ‘cultura’ della produzione dell’auto è più radicata e dove ci sono imprese che da generazioni creano e sviluppano i migliori prodotti per far sì che l’auto italiana abbia nel mondo il posto che merita”.