Il 12 aprile scorso si è concretizzata la fusione per incorporazione di UBI nel Gruppo Intesa Sanpaolo e contestualmente l’adeguamento al modello organizzativo di ISP e la migrazione informatica delle strutture provenienti dall’ex Gruppo UBI: due interventi che avevano l’obiettivo di razionalizzare i processi, uniformandoli all’interno di un’unica nuova realtà. A distanza di oltre due settimane dalla migrazione, le organizzazioni sindacali di categoria su tutto il territorio nazionale stanno però denunciando le criticità che tuttora persistono sulla rete. Non fa eccezione la provincia di Cuneo, interessata dal ridisegno delle articolazioni territoriali della Banca: un ridisegno che ha visto la creazione di quattro nuove Direzioni Regionali, una delle quali (Piemonte Sud e Liguria) con sede proprio a Cuneo.
Spiega Salvino Cannone della Fisac Cgil di Cuneo: “Gli annunci trionfalistici che hanno definito un successo la migrazione informatica e la promessa di attenzione ai territori espressi da parte dei massimi esponenti della Banca appaiono oggi sia ai dipendenti del gruppo che alla clientela come l’espressione della mancata volontà di verificare come stiano realmente le cose, se non come una provocazione. Il livello di stress, frustrazione e senso di inadeguatezza da parte del personale di provenienza UBI hanno raggiunto livelli non più sostenibili, con inevitabili e preoccupanti ripercussioni sullo stato di salute di quelle stesse persone che fino a ieri svolgevano con professionalità e spirito di servizio il loro compito, mentre oggi non sono in grado di far fronte alle richieste di clienti comprensibilmente esasperati. I dipendenti già Intesa Sanpaolo non vivono una condizione migliore: gravati da carichi di lavoro già da tempo insostenibili per la carenza di personale, ora devono fornire supporto e aiuto senza che siano loro risparmiate pressioni commerciali reiterate ed eccessive. A questo proposito abbiamo formalmente reso noto all’azienda le difficoltà e i rischi dell’attuale situazione, analizzandone le cause: prima fra tutte una formazione inadeguata nei giorni che hanno preceduto la migrazione: poche ore che avrebbero dovuto consentire al personale ex UBI di prendere dimestichezza con un sistema informatico completamente nuovo e con un’organizzazione aziendale profondamente diversa. Nelle intenzioni dell’azienda gran parte dell’addestramento si sarebbe dovuto svolgere ‘sul campo’, grazie al supporto in presenza e da remoto di affiancatori e tutor, che si sono rivelati del tutto insufficienti nel numero: come se non bastasse questi lavoratori sono costretti a ‘barcamenarsi’ con le ordinarie incombenze loro assegnate, spesso sollecitati a garantire risultati commerciali e raggiungimento di budget, come se fossimo in una situazione normale, senza una integrazione da portare a termine all’interno di un’emergenza pandemica di cui qualcuno sembra dimenticarsi”.
Dello stesso avviso Massimo Dotta della First Cisl di Cuneo: “L’emergenza Covid-19 avrebbe richiesto attenzione e misure adeguate senza che si trasformasse nel pretesto per ridurre l’attività di affiancamento e tutoraggio. Del resto in Intesa Sanpaolo stiamo ancora aspettando che tutte le postazioni di lavoro a contatto con la clientela siano dotate di barriere in plexiglas a tutela sia del personale che dei clienti. Per parte nostra non intendiamo ‘dare per persa’ nessuna delle nostre rivendicazioni e continueremo a sollecitare l’azienda, che fino ad oggi ha negato le difficoltà o le ha attribuite all’assenza di spirito di adattamento dei dipendenti, affinché adotti alcune semplici misure che, per quanto tardive, possono contribuire a migliorare la situazione: incremento nel numero degli affiancatori e loro permanenza nelle filiali e negli uffici finché il personale ex UBI avrà acquisito la necessaria autonomia; potenziamento dei servizi telefonici per l’assistenza alla clientela che ricorre ai canali telematici; sospensione di ogni sollecitazione alla vendita per il raggiungimento di obiettivi commerciali; adozione di adeguate misure di contrasto alla diffusione del contagio attraverso l’installazione delle barriere in plexiglas e il rispetto dei distanziamenti che nella confusione imperante (in cui anche il regime degli appuntamenti non è sempre rispettato) rischiano di venir meno”.