L’Italia è al quarantunesimo posto nel mondo per quanto riguarda la libertà di stampa. È quanto emerge dal
World Press Freedom Index 2023, l’annuale
rapporto sulla libertà di stampa dell’organizzazione no profit
Reporter sans frontier pubblicato oggi, mercoledì 3 maggio, giorno in cui si celebra la Giornata mondiale per la libertà di stampa.
La classifica prende in esame 180 nazioni in tutti i continenti. Alla base della valutazione ci sono cinque criteri: contesto politico, quadro normativo, contesto economico, contesto socioculturale e sicurezza, per ogni voce è stato dato un punteggio che va da 0 a 100.
L’Italia migliora la sua posizione rispetto al 2022, quando era al 58° posto, ma resta in coda per quanto riguarda i Paesi dell’occidente europeo. Non solo: ci precedono anche, tra le altre, Moldavia, Taiwan, Macedonia del Nord, Montenegro e Argentina. In vetta alla classifica c’è la Norvegia, seguita da Irlanda e Danimarca. Sono in generale i Paesi nordici a dominare la graduatoria: dal quarto posto in giù troviamo Svezia, Finlandia, Olanda, Lituania ed Estonia, con Portogallo e Timor Est a completare la top ten.
Secondo il rapporto la situazione è “molto grave” in 31 nazioni, “difficile” in 42 nazioni, “problematica” in 55 nazioni e “buona” o “soddisfacente” in 52 nazioni. L’Italia rientra nella fascia in cui la situazione è ritenuta “soddisfacente”.
“Il World Press Freedom Index mostra un'enorme volatilità delle situazioni, con forti rialzi e ribassi e cambiamenti senza precedenti, come l'ascesa di 18 posizioni del Brasile e la caduta di 31 posizioni del Senegal. Questa instabilità è il risultato di una maggiore aggressività da parte delle autorità in molti Paesi e crescente animosità nei confronti dei giornalisti sui social media e nel mondo fisico. La volatilità è anche la conseguenza della crescita dell'industria dei contenuti falsi, che produce e distribuisce disinformazione e fornisce gli strumenti per produrla”, spiega Cristophe Deloire, segretario generale di RSF.
Il rapporto 2023 - si legge sul sito di RSF - “mette in luce i rapidi effetti che l'industria dei contenuti falsi dell'ecosistema digitale ha avuto sulla libertà di stampa. In 118 paesi (due terzi dei 180 paesi valutati dall'Indice), la maggior parte degli intervistati ha riferito che gli attori politici nei loro paesi erano spesso o sistematicamente coinvolti in massicce campagne di disinformazione o propaganda. Si sta sfumando la differenza tra vero e falso, reale e artificiale, fatti e artifici, mettendo a repentaglio il diritto all'informazione. La capacità senza precedenti di manomettere i contenuti viene utilizzata per indebolire coloro che incarnano il giornalismo di qualità e indebolire il giornalismo stesso”.