Dopo la bufera sugli affitti brevi che ha coinvolto alcune grandi città italiane come Milano, Torino, Bologna e Venezia, anche a Cuneo si inizia a parlare del problema. Nelle settimane scorse è stato al centro del dibattito un disegno di legge proposto dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè, che si pone come obiettivi quelli di stabilire una disciplina uniforme a livello nazionale per far fronte al rischio di un turismo sovradimensionato, salvaguardare coloro che vivono nei centri storici e impedirne lo spopolamento.
Tante sono state le critiche al disegno di legge. “La genesi del problema degli affitti in realtà sta a monte - spiega Giorgio Chiesa, presidente dell’associazione albergatori Cuneo -. Prima di tutto bisogna rivedere la norma legata agli sfratti per morosità. Per il proprietario avere la certezza di riottenere il proprio bene in tempi rapidi (non due anni e con tutti costi della pratica legale oltre alla tassazione indebita) in caso di insolvenza morosa dell’inquilino aiuterebbe”. Il problema degli inquilini che non pagano c’è ovunque, anche a Cuneo. “Ma il fisco fa pagare le tasse anche sulle mensilità di affitto che l’inquilino moroso non paga. È ovvio che poi la soluzione degli affitti brevi sia la strada ideale”. L’affitto delle seconde o terze case nasce dal fatto che “in passato molte persone hanno acquistato tanti immobili. Adesso si usano meno e i costi sono aumentati in maniera spropositata. Con l’affitto si cerca di lenire l’impatto delle spese. Ci può stare, ma deve essere normato. Invece oggi viviamo nel Far West”.
Servirebbe inoltre una normativa unica sugli standard di sicurezza, comune a qualsiasi ente che opera nell’ambito dell’ospitalità. “Chi affitta per brevi tempi un appartamento diventa parte del comparto ‘ospitalità’. Il principio, quindi, deve essere quello di stesse regole per stesso mercato”. Questo discorso deve essere valido per più aspetti: pubblica sicurezza e gestione dei dati (gli impianti dovrebbero essere certificati a norma), Vigili del fuoco (gli appartamenti dovrebbero avere in dotazione uno o più estintori), HACCP - cioè l’insieme di procedure, mirate a garantire la salubrità degli alimenti - nel caso in cui si somministrino pasti. A questi aspetti si aggiungono la tassazione e la registrazione di ogni unità, il CIR (codice identificativo regionale da applicare in ogni comunicazione), la mappatura degli appartamenti e la statistica di affitto, in modo tale che sia possibile avere dati certi sul turismo locale.
Anche in Piemonte, come accennato, c’è il CIR, ma andrebbe applicato a tutti e, soprattutto, verificato. Secondo la procedura (disponibile sul sito della Regione Piemonte), chi ha un appartamento e vuole affittarlo per periodi brevi lo registra su una piattaforma e prosegue registrando anche gli ospiti. “Le normative degli alberghi sono molto più complicate. Se per l’albergo bisogna chiedere la licenza in comune, per l’affitto breve basta una comunicazione, ci si attiene al CIR”. Se invece non lo si rispetta, come avviene in molti casi, si fa ancora più velocemente.
Il problema è anche il controllo del rispetto della normativa. “A Cuneo ci sono sette alberghi. Si fa presto a controllarli tutti. Inoltre, sono sempre aperti e ci lavorano molte persone dentro. Se si fanno dei controlli negli appartamenti degli affitti brevi chi si trova? C’è un problema di logistica di controllo non indifferente”.
In riferimento al disegno di legge della ministra Santanchè il presidente Chiesa sostiene che l’affitto breve debba avere “un minimo di soggiorno di almeno una settimana, altrimenti non è più un affitto breve ma è un soggiorno convenzionale, turistico o di lavoro non importa”. Nel disegno di legge, invece, la durata minima è di due notti. “Certo, bisognerebbe tener conto dei diversi territori. Capisco per le zone montane in cui non ci sono molte strutture ricettive. Ma, in generale, le case in affitto non devono andare a discapito degli alberghi. Inoltre, non dovrebbe essere consentito a un singolo di affittare più di un appartamento a nome proprio”.
La questione degli affitti brevi intacca, nel cuneese, una situazione che già non è rosea. “Stiamo subendo un depauperamento delle strutture ricettive classiche”, spiega Giorgio Chiesa. E la motivazione è da ricercare in più fattori differenti. Gli alberghi della Granda sono nella maggior parte dei casi a conduzione familiare e sussiste sia un problema di ricambio generazionale - spesso i figli, infatti, non vogliono continuare il lavoro dei genitori - sia una difficoltà di adeguamento alle nuove normative che, spesso, sono molto dispendiose. Per questi motivi e con l’aggravante degli affitti brevi “molti piccoli alberghi, soprattutto nelle zone montane, stanno chiudendo. Bisognerebbe avere un occhio di riguardo nei capoluoghi o nelle città più grandi come Saluzzo, Ceva, Mondovì. Non si possono avere 500 posti letto negli alberghi e 1.500 negli affitti brevi come avviene ora”.
A tutto questo si aggiunge il problema della difficoltà a trovare casa usufruendo di affitti con i classici contratti. Nella città di Alba, ad esempio, il 35% degli affitti è turistico. Un dato non indifferente che certamente concorre a penalizzare i residenti. Fortunatamente, “il problema a Cuneo per ora non si sente così tanto, riguarda più che altro le metropoli e le zone più turistiche”.
Certamente il progetto della ministra del Turismo è un inizio, “ma va affinato tenendo in considerazione i numerosi aspetti che riguardano il settore. Bisognerebbe fare un rewind del film per poter dare delle garanzie vere”.