CUNEO - 'Guardiamo a quel che succede in Italia e siamo preoccupati': dall'Inghilterra la testimonianza di un infermiere cuneese

Nicola Pelissero, ventottenne originario di Roccavione, vive e lavora a Watford, pochi chilometri a nord di Londra: 'Qui in molti non hanno ancora compreso la gravità della situazione'

Andrea Dalmasso 23/03/2020 12:24

Guardiamo a quello che succede in Italia, in Spagna, e siamo preoccupati. Speriamo che qui non si arrivi a situazioni simili, ma onestamente ad oggi è difficile essere ottimisti”. E’ il racconto di Nicola Pelissero, ventottenne infermiere cuneese che ormai da anni lavora in Inghilterra. Originario di Roccavione, si è trasferito oltre la Manica dopo aver completato gli studi. Oggi vive e lavora a Watford, pochi chilometri a nord ovest di Londra.
 
Presso il Watford General Hospital sta vivendo in prima persona l’evoluzione dell’epidemia da Coronavirus in Inghilterra: ad oggi i casi accertati in Gran Bretagna sono 5.683, con 281 decessi, ma la situazione è in rapido peggioramento. “Negli ospedali ci stiamo preparando all’arrivo di un picco di contagi. - spiega il ventottenne cuneese - Le direttive hanno indicato di dimettere tutti i pazienti che potevano essere dimessi, sia per liberare posti letto che per permettere ai sanitari di concentrarsi sui pazienti positivi al Coronavirus. Sono stati creati veri e propri reparti esclusivamente dedicati al Covid-19, staccati dagli ospedali”.
 
Anche in Inghilterra, come in Italia, si toccano con mano il malcontento e la preoccupazione degli operatori sanitari: “All’inizio, quando sono emersi i primi contagi, avevamo tutti i dispositivi di sicurezza necessari: mascherine, camici, protezioni per le scarpe, tutto quel che serviva. Qui si chiamano PPE, Personal Protective Equipment. Con l’aumentare dei contagi, e di conseguenza dello staff medico dedicato al Coronavirus, anche qui si è però evidenziata una carenza di equipaggiamenti”. 
 
Mentre anche Boris Johnson sembra aver messo da parte l’iniziale riluttanza a prendere provvedimenti drastici per contenere i contagi, la sensazione è però che anche tra i sudditi della Regina ci sia chi ancora non ha compreso a fondo la portata dell’emergenza: “C’è stata una certa riluttanza ad adottare certe misure, è vero, ma credo non sia facile prendere certe decisioni in una situazione che è nuova per tutti. La scorsa settimana sono stati chiusi i pub e i ristoranti, le scuole sono chiuse ma continuano ad accogliere i figli di chi deve continuare a lavorare e non ha altre sistemazioni. E’ stato incentivato lo smart working, ma la realtà è che di gente per strada ce n’è ancora. Noi sanitari ci stiamo preparando e sappiamo cosa potrebbe attenderci, ma tra la popolazione non tutti hanno compreso la gravità della situazione. Lo si è visto e lo si sta vedendo anche in Italia, non è facile convincere le persone a cambiare così drasticamente le proprie abitudini”.
 
Mentre il Coronavirus avanza a grandi passi, insomma, anche l’Inghilterra si ritrova a fare i conti con alcuni dei problemi che l’Italia ha vissuto e sta vivendo. “Onestamente penso che fosse difficile essere preparati al 100%, - conclude l’infermiere cuneese - nessuno di noi, quando a gennaio si leggevano le notizie che arrivavano dalla Cina, pensava che ci saremmo ritrovati in questa situazione”.
 

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