L’attacco della Russia all’Ucraina fa salire alle stelle i prezzi delle materie prime, compresi i prodotti base per l’alimentazione degli animali negli allevamenti, con le quotazioni del grano balzate del 5,7% in un solo giorno, raggiungendo il valore massimo da 9 anni, la soia che ha raggiunto il massimo dal 2012 e il mais che è al massimo da 8 mesi. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti alla chiusura del mercato della borsa merci di Chicago che rappresenta il punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole che si trovano da mesi già su valori record del decennio.
A preoccupare è il fatto che il conflitto possa danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali e il rischio concreto di carestie e tensioni sociali.
Lo tsunami dei prezzi ha rilevanti conseguenze per l’Italia che importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano e il 53% del mais necessario per l’alimentazione del bestiame, con l’Ucraina che è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20%, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.
“È un grave colpo per gli allevamenti – dichiara il delegato confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo – già costretti a fare i conti con il caro energia a fronte di compensi ben al di sotto delle spese. I prezzi delle materie prime sono schizzati alle stelle da mesi con la soia che registra +80%, il mais +50% e le farine di soia +35%”.
Nell’ultimo decennio, in Italia, è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie, per miopia, hanno preferito continuare ad acquistare per anni, in modo speculativo, sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti. “Per contrastare questo scenario – ricorda Moncalvo – in Piemonte abbiamo creato il progetto di filiera ‘Grano Piemonte’, lanciato insieme al Consorzio Agrario del Nord-Ovest, tramite il quale sono già stati seminati oltre 6.500 ettari, per valorizzare proprio l’oro giallo e ottenere prodotti da forno veramente prepararti con la farina del territorio per rispondere anche alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza degli ingredienti”.
“La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso Piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri. Nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle affinché i prezzi riconosciuti agli allevatori non scendano sotto i costi di produzione come previsto dalla nuova normativa sulle pratiche sleali” sostiene il direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu.