I rappresentanti sindacali dei medici ospedalieri COSMeD Anaao-Assomed, AAROI (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani) e CIMO (Confederazione italiana medici ospedalieri) sono stati sentiti ieri mattina dal gruppo di lavoro della Regione che svolge l’indagine conoscitiva sull’emergenza Covid 19, presieduto da Daniele Valle.
Una delle principali criticità che la categoria ha affrontato nella prima ondata della pandemia è stata la carenza di dispositivi di protezione individuale, un problema che - è stato precisato - ha interessato meno altre regioni duramente colpite come Lombardia ed Emilia Romagna. I sindacati hanno rilevato che, pur in un quadro nettamente cambiato rispetto a marzo ed aprile, nella seconda ondata i medici che lavorano nei reparti ospedalieri cosiddetti "puliti" continuano ad utilizzare solo mascherine chirurgiche.
Rispetto ai tamponi, è stato sottolineato che sono stati effettuati sulla base di criteri epidemiologici e non clinici e in numero fortemente insufficiente rispetto alla reale necessità. Oggi la situazione è diversa, anche se si è perso il contact tracing sul territorio e i tempi di latenza nelle aree grigie dei Pronto soccorso sono stati giudicati troppo lunghi.
Per il Pd è intervenuto il consigliere Domenico Rossi (Pd), che ha posto una serie di domande sulla formazione dei medici ospedalieri da parte delle Aziende sanitarie rispetto al corretto utilizzo dei dpi e alla gestione dei pazienti Covid, sulla contrattualizzazione degli specializzandi e le tutele per il personale medico, tra cui è sempre più diffusa la sindrome da burnout dovuta ai ritmi di lavoro e all’impatto psicologico del contatto con i pazienti colpiti dal virus.
Alessandro Stecco (Lega) ha sottolineato che "l’iniziale carenza di dpi è stato un problema nazionale e che a marzo la posizione dell’Organizzazione mondiale della Sanità e dell’Istituto superiore di Sanità erano molto diverse da quella che si è sviluppata in un secondo tempo. Discorso analogo sui tamponi: c’erano precise indicazioni a livello nazionale che il Piemonte ha seguito".
Marco Grimaldi (Luv) ha chiesto il punto di vista della categoria sull’individuazione dei Covid hospital in Piemonte e quale sia stata in merito l’interlocuzione con la Regione; inoltre ha posto domande sullo screening dei medici ospedalieri. Sul primo punto i sindacati hanno risposto che "quando il contagio diventa diffuso è difficile non coinvolgere gli ospedali hub" e hanno ribadito la loro posizione critica sulla scelta delle Ogr di Torino, rimaste aperte come struttura Covid per 100 giorni.
"Lo screening per il personale medico - hanno detto - di fatto è saltato, al 90 per cento non è partito".