CUNEO - Il Miac cerca la strada del rilancio. Ma tra perizie e aumenti di stipendio impazza la polemica

Dopo la chiusura del mercato bovino la società è chiamata a reinventarsi. Intanto l’affaire Amazon fa ancora discutere: le opposizioni gridano al conflitto d’interessi

in foto: il presidente del Miac Marcello Cavallo con il vicepresidente Enzo Tassone

Andrea Cascioli 21/04/2023 18:30

I conti del Miac? Un macello, verrebbe da dire con una battuta. La verità è che c’è ben poco da ridere mettendo in fila i numeri, squadernati dalla direttrice Cristina Allisiardi di fronte ai consiglieri comunali della prima commissione: l’ultimo anno a chiudersi con un piccolo utile era stato il 2018, dopo è arrivata la perdita di 288mila euro nel bilancio 2019, lo sprofondo a -508mila euro nel 2020 e un 2021 che - senza considerare la plusvalenza sui terreni venduti ad Amazon, conclusa non senza polemiche - avrebbe chiuso a -452mila euro. Il 2022, primo anno in cui ha preso corpo la nuova gestione, ha chiuso in perdita per 68.284 euro.
 
Colpa del Covid, certo, ma non solo: “È il frutto di molti aspetti, la pandemia ha influito perché le chiusure del mercato hanno spinto a trovare nuove strade per la commercializzazione. Ma è un trend che probabilmente si sarebbe comunque attuato nel tempo, perché le dinamiche tra macellai e allevatori sono cambiate”. Per accorgersene basta dare un’occhiata alla costante discesa delle negoziazioni sul mercato del bestiame: quando da piazza Foro Boario il mercato si traferì a Ronchi venivano scambiati circa 26mila capi ogni anno. Erano ancora 18.641 nel 2019, poi è arrivato il tracollo: nel 2021 appena 3.095 capi negoziati, altri 3.051 nel 2022. “I primi dati del 2023 portano a un’ulteriore flessione, in alcuni casi ci sono stati soltanto venti capi transati al mercato” afferma la direttrice, ammettendo che la realtà si è rivelata perfino peggiore delle previsioni. Se fino a poco fa si ipotizzava comunque la possibilità di mantenere il mercato bovino, l’ultimo ancora operante in Italia, ora anche questa eventualità è tramontata.
 
“Siamo entrati nel pieno del Covid che ha cambiato molte cose, ma la stessa natura della nostra società già necessitava di un cambiamento sotto tanti aspetti” riconosce Marcello Cavallo, il presidente della partecipata di cui il Comune di Cuneo è socio con oltre il 36%. Certo, per una società il cui acronimo significa Mercato Ingrosso Agroalimentare Cuneo, ritrovarsi di colpo senza nessun “mercato” - almeno in senso fisico - non è proprio una bazzecola. E infatti il piano di rilancio appena varato prevede un cambio dell’oggetto sociale e della denominazione: “Immaginiamo una strategia almeno triennale di rilancio del Miac in una veste nuova” spiega Cavallo. Come? Puntando sull’innovazione. In primis il Polo Agrifood, uno dei sette poli di innovazione gestiti dalla Regione Piemonte a supporto delle imprese. Poi c’è l’idea di candidare il Miac a sede della Commissione Unica Nazionale demandata alla definizione del prezzo dei bovini. Questa, però, è una partita che devono giocare le associazioni di categoria, di concerto col ministero: per il momento, l’ente ha incassato la disponibilità della Camera di Commercio a farsene promotrice. Ulteriore aspetto è l’istituzionalizzazione del borsino: “Molte sono tuttora le attività svolte nella sala contrattazioni tra gli operatori, puntiamo a mantenere e rafforzare questo momento di incontro” afferma Allisiardi. Se son rose, fioriranno.
 
Ma a fiorire intanto sono le polemiche. Una riguarda proprio lo stipendio del presidente Cavallo, dominus dell’associazione Insieme e della lista civica collegata che esprime tre consiglieri e due assessori in giunta. Nel 2021 il presidente aveva raddoppiato la propria retribuzione, da 9mila a 18.500 euro (lordi). Una scelta da lui difesa a viso aperto di fronte agli attacchi della consigliera Mavy Civallero (SiAmo Cuneo): “Dispiace mi si dica che ho dato un cattivo esempio: chi lavora ha diritto di essere remunerato e ho ritenuto che la mia remunerazione non fosse adeguata all’impegno e alle responsabilità che richiedeva”, la risposta.
 
Altro fronte tuttora aperto è quello relativo alla vendita di 93mila metri quadrati di terreno su cui è stato realizzato il capannone Amazon. O per meglio dire, il capannone che avrebbe dovuto essere di Amazon e che quest’ultima invece ha già ceduto a terzi. È emerso in commissione che la perizia sui terreni era stata realizzata dallo studio tecnico di cui fa parte l’attuale assessore Luca Pellegrino: “Il prezzo indicato dal professionista è quello che è poi stato corrisposto, non avevamo ricevuto altre proposte” ha spiegato Cavallo. Pellegrino, interpellato dalla nostra redazione, ha precisato: “La perizia non l’ho effettuata io, l’incarico lo ha ricevuto il mio collega di studio. È tutto corretto, nel normale svolgimento di un’attività professionale”. Va detto inoltre che il lavoro fu eseguito prima che Pellegrino entrasse in giunta, nel periodo in cui era invece capogruppo di Centro per Cuneo in Consiglio comunale. Ma non è solo questo a far arrabbiare le opposizioni: “Prendiamo atto che più della metà del patrimonio è stato venduto, per ripianare i debiti di una società che è nata nel 1997 e che da allora non fa altro che produrre debiti” osserva Beppe Lauria. Critico sulle operazioni immobiliari anche Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni): “È ovvio che un’azienda non può funzionare bene semplicemente alienando le proprietà immobiliari. Negli ultimi due anni siamo stati la provincia più siccitosa d’Italia, che politica del consumo di suolo stiamo facendo?”. Giancarlo Boselli (Indipendenti) accusa: “L’amministrazione deve sapere se si sta facendo cassa con una somma sospetta: anche se si vende un bene a una cifra molto superiore al valore di mercato c’è da chiedersi cosa succede. Non si può far passare una vendita così importante per poi ritrovarsi un magazzino vuoto”.
 
E poi c’è lo schiaffo subito dal Miac con la perdita della Fiera Nazionale della razza bovina, pronta a migrare a Fossano. La scelta l’ha fatta l’associazione degli allevatori, Anaborapi, giustificandola tra l’altro con ragioni di spazio. “Abbiamo quasi 3mila metri quadri disponibili per i capi, a Fossano l’ala è di mille metri quadri. Valutate voi se la motivazione del trasferimento sia quella che è stata riportata dai giornali” replica Cavallo. A maggior ragione, allora, verrebbe da chiedersi cosa abbia spinto gli allevatori a dare il benservito a Cuneo: “Immagino sia una scelta politica, li incontreremo” la risposta della sindaca Patrizia Manassero. Così è, se vi pare.

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