CUNEO - Il ministro dell’Istruzione a Cuneo: “Con i prof, i genitori sono più aggressivi degli studenti”

“Il voto e l’autorità non fanno paura” dice Valditara: “Le sospensioni? Meglio il volontariato”. Consiglio alle famiglie: “Niente cellulari ai bimbi, leggete con loro”

Andrea Cascioli 05/06/2024 19:15

“Chi ha distorto le mie parole non apprezza la civiltà classica, perché tra i suoi principi vi era quello della bona fide”: professore una volta, professore per sempre, verrebbe da dire ascoltando il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. E professore, di diritto romano, il giurista meneghino lo è stato anche a Cuneo, nei primi anni della sua carriera.
 
Una pagina che il ministro - indipendente in quota Lega, ma con trascorsi nella fu Alleanza Nazionale - ha ripercorso con affetto al termine del suo tour nella Granda. Ad ascoltarlo martedì pomeriggio all’Ippogrifo Bookstore, insieme al senatore Giorgio Maria Bergesio e ai candidati leghisti alle regionali Matteo Gagliasso e Katia Manassero, c’erano il prefetto Fabrizia Triolo e perfino qualche ex allievo dei tempi che furono. Clima da “carrambata” per un incontro intimo dopo gli impegni istituzionali a Fossano, dove ha - tra l’altro - inaugurato i nuovi locali della scuola elementare “Primo Levi”, e a Limone Piemonte. La presentazione del volume La scuola dei talenti, condotta dalla giornalista Paola Scola, è l’occasione per una chiacchierata a tutto campo sui temi dell’istruzione.
 
A cominciare dalla polemica sulla scuola gentiliana che Valditara, così dicono le cronache, avrebbe rigettato perché “fascista”. Niente affatto, spiega il diretto interessato: “La mia polemica contro la scuola gentiliana non dipende dal fatto che sia una scuola ‘fascista’: la riforma, d’altronde, proseguiva l’impostazione di Benedetto Croce. È però una scuola molto distante dalla nostra costituzione, perché metteva lo Stato al primo posto e la persona al suo servizio. Una scuola piramidale, tant’è che al centro c’era il liceo classico perché doveva formare le élites, in base al pregiudizio crociano che considerava ‘serventi’ le professioni scientifiche”. Insomma, sono i giornalisti che hanno peccato di scarsa bona fide. Così come è successo in un’altra occasione: “Quando ho detto che trovo assurdo che a maggio si studino ancora i dinosauri - precisa - non intendevo dire che non bisogna studiare l’evoluzione. Ma è assurdo dedicare un anno intero a questo”.
 
Non solo Gentile, c’è una pedagogia “sessantottina” da ripensare, dice il ministro. A cominciare dai voti: “Non dobbiamo avere ‘paura’ del voto: la società ci ha abituati alla valutazione e se immaginiamo che uno studente debba vivere nella bambagia, magari fino a 24 anni, creiamo un disagio e una incapacità di diventare veramente adulti e di responsabilizzarsi. La valutazione non serve a stabilire una gerarchia, ma a far capire a che punto sei arrivato in un percorso: per questo è importante fin dalla scuola primaria”. Del resto le alternative, a volte, più che discutibili sono incomprensibili: “Leggo giudizi come questo: ‘Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua, acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo: in via di prima acquisizione’. Come può capire un giudizio del genere, un bambino delle elementari? Rimettiamo l’ottimo, buono, sufficiente, insufficiente”.
 
La polemica con la scuola di sinistra, attesa, arriva in punta di fioretto: “Qualcuno, ma è una piccola minoranza, scambia la scuola per un luogo d’indottrinamento: attenzione a quando si organizzano dibattiti, soprattutto su questioni di attualità stringente. Ci deve essere sempre pluralismo, non un solo invitato che dà una sola versione”. La vera sfida, dice il ministro, è ridare autorevolezza alla figura del docente: riprendendo “un altro concetto che purtroppo anche nel centro destra, ogni tanto, qualcuno ha paura di pronunciare, perché condizionato dalla scuola del ’68”. Ovvero? “L’autorità”. Che manca, in maniera sempre più drammatica, nei riguardi non solo dei ragazzi, ma delle famiglie: “È in aumento spaventoso - del 110%, secondo le statistiche - il fenomeno delle aggressioni da parte di adulti, mentre è paradossalmente in decrescita o stabile tra gli studenti. Non significa che le famiglie italiane aggrediscano i professori, ma è un fenomeno che prima non esisteva”.
 
Questo implica, tra l’altro, che determinate punizioni debbano essere riviste. Comprese le sospensioni: “Vi pare logico che se dò un ceffone a un insegnante, o prendo a pugni un compagno di classe, per qualche giorno me ne resto a casa alla playstation? Ci vuole invece più scuola. Devi capire perché hai sbagliato e svolgere attività di cittadinanza solidale: in un ospedale, in una mensa per poveri, in una casa di riposo per anziani”. Da qualche parte lo si è già fatto, assicura il prof ministro, e ha funzionato: “Un prete mi ha scritto di aver saputo della mia proposta e mi ha informato che una scuola, in via sperimentale, aveva fatto proprio questo: aveva inviato un ragazzino terribile a lavorare con i poveri della parrocchia. Si è talmente entusiasmato che ora viene tutti i sabati e le domeniche: ha capito che non esiste solo lui e la sua ‘ubris’, come i greci antichi chiamavano l’orgoglio esagerato”.
 
A proposito di cose che prima non esistevano, c’è tutta la questione della tecnologia, dai telefonini alla DAD, fino all’intelligenza artificiale: nulla da demonizzare, dice Valditara, a patto però di non farsi soggiogare. “Mi è capitato di vedere una coppia di giovani genitori, al ristorante, dare il cellulare al figlio, un bimbo che nemmeno parlava” racconta: “Tutti gli studi scientifici dicono che il cellulare, affidato precocemente ai bambini, riduce la concentrazione e la fantasia: piuttosto leggete insieme a lui un libro prima che si addormenti, crescerà con una creatività che non avrebbe altrimenti”. Il ruolo del libro - aggiunge - rimane imprescindibile anche a scuola, specie alle elementari, così come quello del docente: “L’intelligenza artificiale può aiutare il docente a personalizzare sempre di più la didattica e a ritagliarla sulle esigenze dello studente, e può aiutare lo studente a verificare il percorso di formazione: ma deve essere sempre guidata dal docente. Non bisogna pensare, come qualcuno all’estero ha iniziato a fare, che si possa sostituire il docente con un’intelligenza artificiale. Per la didattica digitalizzata abbiamo speso 1,2 miliardi, ma dev’esserci sempre l’uomo al centro, non il contrario”.

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