Il nuovo Piano di Qualità dell’Aria entrato in vigore a metà settembre in Piemonte non piace a Cia Agricoltori italiani della provincia di Cuneo, che lamenta il non recepimento delle osservazioni manifestate a suo tempo alla Regione. "Spiace che le istanze dell’Agricoltura non siano state tenute nella giusta considerazione - osserva Silvio Chionetti, vice direttore vicario e responsabile del Settore zootecnico di Cia Cuneo -, le nuove misure introdotte dal Piano dell’aria mettono in difficoltà un gran numero di aziende agricole, soprattutto le realtà di minori dimensioni, come gli allevamenti di bovini di Razza Piemontese, in maggior parte a gestione familiare, e quelle alle quali sono richiesti interventi spesso non compatibili con le normative urbanistiche a cui sono vincolate".
Un conto, distingue Chionetti, sono le stalle da insediare, su cui è possibile ragionare al meglio delle più recenti soluzioni per l’ambiente e il benessere animale, un altro quelle che nel tempo si sono adeguate ai dettami regionali e che ora scoprono di essersi dotate di accorgimenti, talvolta finanziati dalla stessa Regione, risultati obsoleti dopo pochi anni. "Parliamo di interventi molto onerosi - specifica Chionetti -, come nel caso delle coperture delle vasche liquami, che il nuovo Piano dell’aria considera non più adeguati, quando sappiamo che il settore primario rappresenta appena il 6 per cento delle emissioni totali di polveri sottili e l’1 per cento delle emissioni di ossidi di azoto". Chionetti fa presente che “l’obiettivo della riduzione delle emissioni di ammoniaca è stato discusso nel Piano Stralcio, che prevedeva già una riduzione, con vari obblighi in fase di stoccaggio e stabulazione, di 7 mila t/a entro il 2023, obiettivo ancora più ambizioso rispetto a quello iniziale di 8 mila t/a entro il 2030”.
Non meno importante è la problematica della limitazione degli abbruciamenti all’aperto dei residui vegetali: "Si dovrà fare chiarezza sulla compatibilità del nuovo Piano dell’aria con le normative che consentono deroghe ai Comuni delle aree svantaggiate di collina e di montagna - rileva Chionetti -, tanto più che in alcuni areali non c’è altra possibilità di eliminare gli scarti vegetali delle potature di noccioleti, vigneti e castagneti, anche in funzione dell’azione necessaria a contrastare gravi problematiche fitosanitarie, quali Flavescenaza Dorata, Cinipide e virosi del nocciolo e del kiwi, per evitare in tempo utile la propagazione delle spore".
Intanto, nei Comuni piemontesi ricadenti nelle zone IT0118, IT0119 e IT0120, è attivo fino al 15 aprile il semaforo della qualità dell’aria. Nei giorni in cui il rischio è più alto, il semaforo dispone vincoli temporanei sui trasporti, sul riscaldamento civile e su alcune attività agricole, con l'obiettivo di ridurne le emissioni in atmosfera. In agricoltura, nei giorni di semaforo acceso (arancione o rosso) le operazioni di fertilizzazione azotata (sia organica che minerale) devono essere svolte con tecniche a bassa emissione di ammoniaca: iniezione diretta, interramento immediato contestuale alla distribuzione, distribuzione rasoterra seguita da una lavorazione del terreno (svolta con macchine combinate o con macchine separate che operano in modo consequenziale, nel minor lasso di tempo possibile) e, su colture in atto (es. prati e cereali vernini), distribuzione rasoterra in bande o con scarificatore. Quando il semaforo è verde, sono adottabili anche le tecniche tradizionali di concimazione. Le attrezzature per la fertilizzazione a bassa emissione sono cofinanziate dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale tramite l'intervento SRD02 azione A, che sostiene le imprese con una dotazione complessiva di 10 milioni di euro.
Il semaforo viene aggiornato da Arpa Piemonte 3 volte la settimana (lun-mer-ven) alla
pagina web; la consultazione è possibile anche tramite l'app "Aria Piemonte", scaricabile da GooglePlay e ITunes.