Nell’edizione di scrittorincittà dedicata alle stelle, non poteva certo mancare un appuntamento dedicato allo spazio. Non come firmamento delle costellazioni, materia per gli astronomi o per gli oroscopi, ma come meta di razzi e satelliti, laboratorio di sperimentazioni tecnologiche, forse perfino campo di battaglia.
Qualcosa che ci riguarda molto da vicino, così come ci riguarda l’intelligenza artificiale. Lo hanno spiegato questa mattina Emilio Cozzi (autore di “Geopolitica dello spazio”) e Alessandro Aresu (“Geopolitica dell’intelligenza artificiale”), parlando di un “rinascimento spaziale” che già oggi riguarda la nostra quotidianità: “Lo spazio va di moda - spiega Cozzi - ma non passerà di moda tra cinque anni, come non è accaduto a Internet negli anni Novanta: è già dentro le nostre vite anche a livello tecnologico, ad esempio con il gps. Una costellazione militare che si è progressivamente aperta all’uso civile”.
Per capire il mondo bisogna occuparsi anche dell’“extramondo”, come in Blade Runner. Non ci sono solo Starlink o le utopie tecnologiche di Elon Musk: “Oggi vogliamo anche fare scienza sulla Luna. Si parla di ‘moon economy’, perché ci sono le risorse e perché tantissime tecnologie utilizzate servono letteralmente ‘a casa nostra’”. Poi, è ovvio, c’è la geopolitica: “Chi domina lo spazio domina la terra, così come si diceva all’inizio del secolo scorso che chi domina il mare domina la terra”. Lo sapevano già negli anni Sessanta, quando John Kennedy annunciò che entro la fine del decennio un americano sarebbe sbarcato sulla Luna, lasciando attoniti anche i dirigenti della neonata Nasa: nessuno ci avrebbe scommesso un dollaro, come ora nessuno pensa davvero di colonizzare Marte.
Da allora molto è cambiato, in termini di attori: “Qualche passo indietro lo ha fatto la Russia, che era stata protagonista della prima corsa spaziale: fino al 1965 era l’Urss a raggiungere gli obiettivi che l’America annunciava”. La Cina al contrario è ora l’unico Paese al mondo in grado di mandare due volte un oggetto sul lato nascosto della Luna, impresa mai riuscita agli Usa e all’Urss: “La corsa alla Luna - dice Cozzi - vede ancora due blocchi: quello occidentale sta da una parte, l’India e gli Emirati Arabi Uniti nel mezzo, dall’altra c’è un blocco a guida cinese. Noi stiamo tornando sulla Luna con una missione del tutto diversa dall’Apollo: l’idea di una presenza stabile per fare scienza e tecnologia, non per abitare. Con l’obiettivo, dichiarato dal programma Artemis, di esplorare verso Marte”.
E l’Europa? Investe nello spazio 13,5 miliardi di dollari (contro i 73 miliardi americani) e perde terreno in maniera vistosa: “Abbiamo vissuto quella che in gergo viene chiamata crisi dei lanciatori. Per più di un anno l’Europa non ha avuto un proprio vettore spaziale e ha dovuto pagare Elon Musk per mantenere Galileo, il Gps dell’Unione Europea. Ora l’Ariane 6 è partito, anche se non ha ancora dimostrato di essere affidabile: tra poche settimane partirà il Vega C italiano”. Non tutti lo sanno, ma l’Italia è una potenza spaziale: “Siamo tra i migliori del mondo nella produzione di satelliti e nell’osservazione della Terra e i migliori negli avamposti orbitanti. Il rischio, dice Samantha Cristoforetti, è che l’Italia e l’Europa diventino una boutique, dove le superpotenze si servono prendendo quel che abbiamo di meglio da vendere”.
“Gli indicatori economici, tecnologici e finanziari ci dicono che l’Europa è il perdente del XXI secolo” taglia corto Aresu, ricordando ad esempio che la Volkswagen contava di aumentare i profitti vendendo in Cina. Nel frattempo, però, la BYD di Wang Chuanfu è arrivata ad avere 950mila dipendenti e ora contende a Tesla lo scettro per il primato mondiale nella produzione di auto elettriche: “Non è vero che in Europa non ci siano capitali, ma sono investiti in immobili e vecchie aziende. Negli Usa invece gli imprenditori hanno finanziato aziende tecnologiche, anche europee, che hanno fatto scommesse”. Un esempio eclatante, dice l’analista geopolitico di Limes, è quello di DeepMind: “Nasce nel Regno Unito da imprenditori che hanno convinto la Silicon Valley, in primis Peter Thiel e Elon Musk, perché nessuno era disposto a finanziarli a Londra”. L’Ue finora si è concentrata sulle regole per l’accesso ai mercati, ma possibilità di imporre regole a queste aziende è zero: “L’unica cosa che si può fare è liberare il denaro che blocchiamo per ristrutturare le facciate delle case, quando ci sarà da finanziare il nuovo DeepMind”.
L’Europa deve smettere di pensare solo a sé stessa e guardare ciò che accade altrove, esorta Aresu: “Dobbiamo essere più curiosi. La storia si sta facendo in Vietnam e Malaysia, noi siamo convinti che questo continente con 400 milioni di abitanti sia il centro del mondo. Non è così”. Quante persone sanno cosa sia la Tsmc? Molto poche, probabilmente. Eppure questa azienda taiwanese, fondata nel 1987 da Morris Chang, è la vera fucina mondiale dell’industria dei semiconduttori e vale più dell’intera Borsa italiana. A Taiwan si producono anche le schede grafiche della Nvidia, l’azienda che ha rappresentato per l’intelligenza artificiale quello che la Ford è stata per le automobili. Tutto comincia con Jen-Hsun Huang, emigrato dall’isola di Formosa negli Stati Uniti e finito prima in un dormitorio, poi a pulire i bagni di un fast food mentre cercava di farsi strada nella Silicon Valley. Nel 1993 capisce per primo che la diffusione dei pc avrebbe portato milioni di persone a giocare ai videogiochi: servivano quindi schede grafiche migliori. All’inizio del secolo, le schede usate per i videogames sono state adattate dai ricercatori: “Nel mondo ci sono ottomila data center che valgono nel complesso un miliardo di dollari, sono ciò che consente a Facebook e Amazon di funzionare”.
Questa enorme scommessa è diventata qualcosa di più alla fine del 2022, nel momento in cui un’applicazione si è imposta in poco tempo a decine di milioni di persone, fra le tante che venivano utilizzate per la generazione di testi e il riconoscimento di immagini: parliamo di Chat GPT. Nvidia ha accumulato ricavi per 100 miliardi di dollari nel 2024: erano venti milioni, all’inizio. Ma il mondo digitale, ricorda l’autore di “Geopolitica dell’intelligenza artificiale, vuol dire fabbriche, operai e acciaio: “Circa metà dell’acciaio oggi è prodotto in Cina, ma c’è bisogno anche di altre risorse, come rame e acqua”. Elon Musk è stato uno dei protagonisti della storia dell’intelligenza artificiale, oltre che della nuova corsa allo spazio: “C’è il rischio che il potere lo distragga, ma è un rischio anzitutto per lui che non ha bisogno nemmeno di diventare più ricco” osserva Cozzi. Non è detto, però, che la sua traiettoria politica non cambi di nuovo: “Ci ha messo sei mesi a vendersi come supporter di Trump, nulla vieta che cambi idea tra altri due anni: i suoi obiettivi sono diversi, per certi versi inquietanti. Chi vuole fare soldi non inizia costruendo razzi spaziali, lui vuole davvero ‘salvare’ l’umanità portandola su Marte”.