“Pseudo vini” ottenuti da preparati in polvere grazie a miracolosi wine-kit, carne proveniente da macelli clandestini di animali rubati, miele “tagliato” con sciroppo di riso o di mais. Sempre più spesso la criminalità porta in tavola prodotti illegali e pericolosi.
Tra i più colpiti da truffe, due prodotti di punta dell’agroalimentare cuneese, eccellenze note in tutto il mondo e frutto del lavoro dei nostri imprenditori agricoli: il vino, che nell’ultimo anno ha fatto registrare un picco nei reati (+75%), e la carne, per la quale le frodi sono addirittura raddoppiate (+101%). I dati emergono dagli oltre 54.000 controlli effettuati lo scorso anno dall’Ispettorato Centrale Repressione Frodi e resi noti in occasione del 6° Rapporto Agromafie 2018 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare.
La filiera del cibo, dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, ha attirato l’interesse delle organizzazioni malavitose, mentre le difficoltà economiche costringono molti cittadini a tagliare la spesa alimentare e a scegliere prodotti più economici, che rischiano di avere un impatto negativo sulla salute. “Ben vengano, dunque, i controlli per difendere la salute dei cittadini, la salubrità dell’ambiente e del tessuto economico cuneese - dichiara Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo -. Fondamentali, in particolare, sono i controlli sui cibi low cost dietro cui si nascondono spesso ingredienti di bassa qualità e ricette o metodi di produzione modificati. Tutti i prodotti che portiamo in tavola devono rispettare gli stessi criteri di qualità e legalità, senza eccezioni”.
Da qui la battaglia Coldiretti per applicare l’indicazione d’origine in etichetta su tutti i cibi. Non solo. Secondo Moncalvo “va tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali, per rendere note le aziende che importano materie prime dall’estero e consentire interventi mirati in situazioni di emergenza anche sanitaria. In più, urge approvare una nuova normativa sui reati agroalimentari che recepisca il lavoro svolto dalla Commissione presieduta dal procuratore Giancarlo Caselli nel 2015, un dossier sinora mai esaminato in Parlamento”.