Se ne parla ciclicamente da anni, durante i ricorrenti periodi di siccità. Ora che la carenza idrica è diventato un problema ormai cronico e strutturale, il tema degli invasi è tornato prepotentemente al centro del dibattito, politico e non solo, anche e soprattutto in Piemonte, con il nord ovest italiano che da un anno a questa parte è l'area più arida d’Europa, come certificato dalle rilevazioni dell’Organizzazione meteorologica mondiale relative al 2022.
Se n’è approfonditamente parlato venerdì scorso presso lo Spazio Varco di Cuneo, durante il convegno “Le vie dell’acqua” organizzato da Coldiretti Cuneo sul tema della carenza idrica e sulle sue conseguenze sul mondo dell’agricoltura: con la drastica riduzione delle precipitazioni, la realizzazione degli invasi è individuata da molti come la principale “cura”, la principale soluzione per stoccare l’acqua da utilizzare poi nei periodi siccitosi. Ad oggi, però, il numero di invasi in Italia è considerato ampiamente insufficiente: “Nel nostro Paese abbiamo un deficit di opere pubbliche sul tema degli invasi e delle dighe: l’evento del Vajont ha condizionato le scelte del paese per trent’anni. Spesso inoltre si guarda all’ambientalismo, non all’ambiente, ed è una cultura che dobbiamo cambiare”, ha detto durante il convegno Francesco Vincenzi, presidente nazionale ANBI (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue).
“Nel 1994 la società Acqua Granda pubblicò uno studio per dodici invasi: siamo ancora fermi lì, nessuno di quelli è stato realizzato. E ancora, nel 1980 l’Ufficio Dighe del Ministero delle Infrastrutture diceva già che le capacità degli invasi in Italia non bastavano, e anche in questo caso siamo ancora fermi là. Abbiamo bisogno degli invasi, oltre che di lavorare sulla pulizia dei fiumi e dei canali”, ha detto invece Giorgio Bergesio, presente nella doppia veste di senatore e presidente dell’Associazione Acque Irrigue Cuneesi.
E si parla di invasi anche nel “decalogo” che Coldiretti Cuneo ha preparato e inviato alle istituzioni per affrontare il problema siccità: “Fare il censimento di tutti i progetti ipotizzati in passato e un rapido riesame delle criticità che ne hanno impedito la realizzazione. Acquisire da tutti i Consorzi irrigui di II° grado le proposte progettuali in loro possesso. Individuare le idee progettuali che per urgenza e/o grado di fattibilità risultano più urgenti e costruire un ‘piano progettuale’ di breve, medio e lungo periodo per la Provincia di Cuneo. Individuare le fonti di finanziamento disponibili. Individuare un Commissario, istituire una Cabina di regia e monitorare l’andamento del progetto”, questi i primi cinque punti del documento.
Coldiretti ha individuato in particolare quattro progetti relativi alla provincia di Cuneo che potrebbero essere ripescati e “rispolverati”: si tratta di proposte progettuali contenute nel Piano regionale per l’approvvigionamento idro-potabile e nel Piano regionale per le attività di bonifica e irrigazione, entrambi redatti dalla Regione Piemonte nel 2000.
Per due di questi progetti gli studi di approfondimento si trovano già in fase avanzata: si tratta dello schema idrico “Stroppo-Maira” per la realizzazione di un invaso a beneficio del comprensorio Dronero-Busca-Saluzzo e dello schema idrico “Alto Tanaro” per la realizzazione dell’invaso di Isola di Tanarello.
Altre due proposte, invece, dovrebbero essere sottoposte a ulteriore verifica di fattibilità. La prima è il discusso invaso di Moiola, nel bacino dello Stura di Demonte: sul documento si propone un invaso di dimensioni minori rispetto al progetto iniziale, a servizio di un’area da 50-100 mila ettari. La seconda proposta riguarda invece un invaso nel medio Tanaro, a beneficio dell’area Destra Stura.
Ipotesi e proposte che, insieme a tante altre, sono però rimaste per anni chiuse nei cassetti: ora però il tempo sta per scadere (se non è già scaduto). Perché “se la siccità non è ancora una tragedia oggi, lo sarà presto”: così ha detto durante il convegno di venerdì scorso il presidente di Coldiretti Cuneo Enrico Nada. Il tema dei tavoli e delle ipotesi, insomma, è finito: ora deve venire quello delle azioni. In caso contrario, le conseguenze potrebbero essere pesantissime (non solo per l’agricoltura).