Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore.
Egregio direttore,
sono nuovamente a chiederLe voce per tentare, ancora una volta, di sollevare un minimo di orgoglio e di dignità a una popolazione remissiva, ignava e rassegnata di fronte allo scempio che si consuma quotidianamente nella sua bella valle. Parlo della valle Stura di Demonte e dell’assurdo traffico di tir che sta aumentando sempre di più, senza che le istituzioni, amministrative (Sindaci, presidenti di Unione Montana, Anas, Provincia, Regione, Prefetto) e politiche facciano qualche cosa di veramente incisivo: a proposito di esponenti politici ricordo che non saremmo nemmeno male rappresentati in quanto abbiamo in Parlamento niente di meno che due deputate, l’on. Ciaburro di Fratelli d’Italia sindaco di un paese di (alta) valle e l’on. Gribaudo del Partito Democratico, di Borgo San Dalmazzo; ma abbiamo pure un senatore originario di Demonte (Giorgio Maria Bergesio della Lega) e un deputato come l’on. Fabiana Dadone che è Ministro nell’attuale governo Draghi: ciò nonostante ZERO.
ZERO risultati prodotti, ZERO inizio della variante di Demonte ancora bloccata per un pretesto tanto assurdo quanto ridicolo (mi riferisco alla presunta ipotesi di potenziale danneggiamento dei ruderi del forte della Consolata, da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali i cui funzionari di Roma, peraltro mai venuti a fare un sopralluogo sul posto, con la loro sciagurata presa di posizione hanno bloccato l’iter della valutazione di impatto ambientale). ZERO soluzioni serie proposte (per la verità l’unico ad averla trovata e più volte ribadita è stato il sindaco di Vinadio ing. Angelo Giverso, proponendo un progetto di infrastruttura concreto e fattibile in termini economici e temporali, pertanto mi domando: perché non sposare tale progetto?), con buona pace di un borgo come Demonte, con i suoi portici medioevali che ne dovrebbero fare una perla architettonica difficilmente paragonabile ad altri paesi di montagna: ma qui il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali curiosamente e inspiegabilmente non si esprime a tutela del bene esistente e tangibile: forse perché i solerti funzionari che si preoccupano dello stato di conservazione dei lacerti del forte della Consolata non sanno nemmeno come è fatto il paese e probabilmente non sanno nemmeno che i portici medioevali sono stati per buona parte irrobustiti tramite massicce arcate in ferro per evitare crolli dovuti alle vibrazioni provenienti dal manto stradale e amplificate dai porticati?
Ma tant’è in provincia di Cuneo, quando arrivano gli “alti papaveri” della politica nazionale, i nostri politici locali tendono ad accompagnarli a visitare le migliori eccellenze del territorio (la Ferrero di Alba, la Merlo di Cervasca, la Sedamyl di Saluzzo, ecc.) per cui l’idea che il capo del Governo di turno si fa è che in questo territorio tutto sommato si vive bene, c’è lavoro, sostanzialmente poca delinquenza, insomma c’è del benessere: e allora perché mai egli dovrebbe dirottare dei fondi (risorse) in questa porzione di territorio italiano ai confini dell’impero, quando ci sono realtà che, invece, reclamano a gran voce gli interventi e investimenti di Pantalone?
E così la provincia di Cuneo rimane come sempre “al palo”: niente fondi, niente infrastrutture (fatto salvo il collegamento autostradale di Cuneo alla TO-SV e si spera, la fine del collegamento tra Cherasco e Alba per la AT-CN) le infrastrutture (strade, ponti, ferrovie…) che sono quelle del periodo del dopoguerra, anzi le strade ferrate hanno visto un progressivo e inesorabile smantellamento grazie alla “visione” puramente mirata al profitto di alcuni manager (Moretti su tutti) che hanno intravisto solo “rami secchi da tagliare” (le tratte Cuneo-Saluzzo e Cuneo-Mondovì insegnano).
La previsione di investimento (e spesa) dei fondi provenienti dal Recovery fund nella regione Piemonte (1200 progetti per una spesa di 27 miliardi di € dei quali 183 proposte e 4,2 miliardi per interventi in viabilità, infrastrutture viarie e opere di ingegno come ponti, strade e parcheggi) ha previsto in provincia di Cuneo i seguenti interventi:
1) il traforo Armo-Cantarana (progetto n°903 per 353 milioni di euro);
2) realizzazione di una strada ciliare all’abitato di Cervasca (progetto n°954 per 3,8 milioni di €);
3) ammodernamento della viabilità strade provinciali (progetto n°955 per 385 milioni di €);
4) studio di fattibilità tecnico-economica e successivo studio di progettazione per un collegamento autostradale con il sud della Francia (Nizza o Marsiglia-Sisteron), progetto n°956 per 15 milioni di €;
5) efficientamento della rete ferroviaria (progetto 1081, spesa 205 milioni di €);
6) valorizzazione dello scalo aeroportuale di Cuneo-Levadigi (progetto n°1084 per 28 milioni di €);
Non sono riuscito a trovare la costruzione di un’infrastruttura alternativa a quella proposta e attualmente bloccata che possa togliere il traffico pesante dai paesi posti sulla S.S. 21 del Colle della Maddalena. Vista l’opportunità del Recovery fund, della transizione ecologica, del movimento “green” e la necessità di pensare a una diversa mobilità dei beni di consumo che transitano sempre di più sul trasporto gommato in Valle Stura, perché non sfruttare l’occasione di proporre la progettazione e la realizzazione ad es. di una monorotaia ferroviaria (elettrificata o meno) che da Borgo San Dalmazzo raggiunga lo stabilimento delle Fonti di Vinadio, responsabile da solo di circa il 75-80% dei TIR che transitano quotidianamente in valle? A proposito di Recovery fund è curioso leggere quanto riportato scritto sulla pagina web della regione Piemonte: “A livello territoriale la provincia di Alessandria vede 34 progetti per un valore di 1,8 miliardi di euro, quella di Asti 195 progetti per circa 1 miliardo di euro, Biella 76 progetti per 684 milioni di euro, Cuneo 39 progetti per oltre 1,8 miliardi di euro, Novara 187 progetti per oltre 1,2 miliardi di euro, Torino 182 progetti per 3,5 miliardi di euro, Vercelli 344 progetti per 2,5 miliardi di euro, il Verbano-Cusio-Ossola 57 progetti per oltre 560 milioni di euro. A questi si aggiungono 159 progetti a valenza regionale del valore complessivo di 13,8 miliardi di euro”. Perché perdere questa opportunità? Forse per il poco peso specifico dei politici nostrani come da report regionale succitato? Credo che invece sia più probabile la mis-conoscenza del problema in aggiunta alla limitata quota di popolazione che lo subisce: lo si evince dalle dichiarazioni rilasciate nel tempo, dove a più riprese si è ridimensionato il tutto riconducendolo ad un semplice “disagio”. Sbagliando il concetto di partenza si sminuisce (volutamente o involontariamente) il valore, la rilevanza e quindi l’importanza del problema e di qui la necessità di risolverlo.
Ma il transito continuo dei TIR non rappresenta solo un disagio per la popolazione, quanto piuttosto un determinante di molteplici fattori di rischio per la salute di coloro che abitano all’interno dei paesi attraversati, a causa:
- della produzione di polveri sottili PM 10 e ancora peggio le PM 2,5 (responsabili di malattie respiratorie e infiammatorie come le BPCO e le patologie dell’apparato cardiocircolatorio, leggasi ictus, trombosi, infarti);
- per l’esposizione ai fumi di scarico dei motori diesel che sono classificati come “sicuramente cancerogeni per gli esseri umani”, così come gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) in essi contenuti;
- per disturbi della sfera psico-sociale dovuti al rumore e alle vibrazioni riverberanti in canyon stradali stretti come ad Aisone e ulteriormente amplificati e ridondanti dai portici bassi nel centro di Demonte).
Ma rappresentano pure fattori di rischio:
- per la sicurezza (incolumità fisica) delle persone;
- per la sicurezza statica degli edifici (sottoposti a vibrazioni);
- di tipo professionale che corrono i conducenti dei TIR, che precisiamo non hanno colpe (fatto salvo di qualche occasionale imprudente che non rispetta i limiti di velocità) e fanno una vita di inferno per girare all’interno dei paesi alla guida di questi bestioni: stiamo parlando delle stesse identiche strade dove a inizio del secolo scorso passavano carrozze e cavalli, adesso passano trattrici stradali da 700 CV.
Letta in quest’ottica risulta ancora più incomprensibile lo stallo in cui versa attualmente la situazione di Demonte nonché dell’intera viabilità della S.S.21 del colle della Maddalena e altrettanto sconcertante la perseverante sordità delle istituzioni.
Cordiali saluti
Dott. Ezio Barp