CUNEO - 'In provincia di Cuneo cerchiamo di offrire qualcosa in più rispetto al buon cibo e al buon vino'

L'intervista di Cuneodice.it al presidente della Fondazione CRC, Giandomenico Genta, che sta rilanciando la cultura nella Granda

Samuele Mattio 15/11/2017 14:39

Giandomenico Genta è il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. Classe 1957, è nato a Valdagno, in provincia di Vicenza. Laureato in Economia e Gestione delle imprese, risiede a Cuneo, dove svolge l'attività di tributarista. Oltre a ciò Genta è Presidente e Componente di Collegi Sindacali, Organismi di Vigilanza e Consigli di Amministrazione di Società ed Enti nazionali e componente del Consiglio dell’ACRI. Inoltre è anche vice presidente dell'Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte

Noi di Cuneodice.it abbiamo incontrato il presidente Genta nel suo ufficio di via Roma. Con lui abbiamo intrattenuto una piacevole chiaccherata sul ruolo e sulle attività della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.

Buongiorno presidente. Parlando con i nostri lettori, abbiamo notato che molti di loro non ciò che fanno le fondazioni. Se lei dovesse spiegare a un uomo della strada che cosa sono le fondazioni di origine bancaria che cosa gli direbbe?

“Gli direi che le fondazioni sono un grande patrimonio della collettività. Nelle aree dove esistono l'attenzione all'arte, al sociale e alla cultura è di gran lunga superiore. Registriamo un grande fermento al centro-nord, mentre per quanto riguarda il sud le Fondazioni, o non esistono, o sono molto limitate nel patrimonio. Noi non abbiamo lo scopo di essere percepiti, ma di far percepire il nostro lavoro dalla collettività”.


Nell'ultimo periodo ha avuto grande riscontro la mostra sulla Pop Art da voi organizzata in San Francesco, cito la mostra su Manet, Enzo Cucchi ad Alba, Mondrian nel nuovo Spazio Innovazione. Nel suo primo anno di presidenza la Fondazione Crc ha avuto un'attenzione particolare nei confronti dell'arte. C'è un disegno preciso? Com'è nata?

“La nostra zona ha una vocazione naturale dal punto di vista paesaggistico ed enogastronomico, ma bisogna fare in modo che i turisti abbiano anche un'offerta di tipo culturale. Quello che noi abbiamo fatto in questo anno è guardare a chi si ferma qui soltanto per la colazione o per la cena. Nella nostra Provincia abbiamo un numero di pernottamenti molto limitato e abbiamo pensato di offrire qualcosa di più rispetto al buon cibo e al buon vino. L'investimento culturale era quello che poteva far crescere rapidamente i visitatori. Ogni euro investito in cultura ritorna quattro volte”.

Chiaramente non c'è solo l'arte.

“Le fondazioni non hanno solo uno scopo culturale, ma anche sociale. L'anno scorso, nel periodo dell'alluvione le prime risorse, anche se modeste, ma che sono servite molto ai sindaci, sono arrivate dalle fondazioni. Stessa cosa per gli incendi del mese scorso. Non sono grandissime cifre, noi non possiamo e non vogliamo competere con lo Stato e con le Regioni, che hanno risorse immense. Ciò che è importante per il territorio è la nostra vicinanza immediata e la velocità”.

Lei ha recentemente parlato di 'collaborazione tra fondazioni' guardando verso un'unione con gli altri attori del territorio. È questa la linea da seguire?

“Questo è un messaggio che viene dal protocollo Acri-Mef: tutte le Fondazioni di origine bancaria, ad eccezione di una, lo hanno sottoscritto. All'interno del documento vi è un esplicito riferimento di collaborazione, aggregazione e fusione. Ho ritenuto giusto e doveroso dare la disponibilità della CRC a dialogare nell'interesse della collettività di riferimento. Saluzzo, Savigliano e Bra hanno dato sin da subito la loro disponibilità ad approfondire, mentre ho avuto la chiusura della Cassa di Risparmio di Fossano, che già non aveva sottoscritto il protocollo. A prevalere deve essere l'interesse collettivo, se le cose funzioneranno ci sarà un percorso collaborativo sempre maggiore”.

Si parla molto della relazione tra fondazioni e politica, in quanto le nomine vengono fatte da enti a elezione diretta.

“La politica ha il diritto e il dovere di esprimere delle candidature all'interno degli organi di Fondazione. In democrazia gli enti hanno necessità di avere dei rappresentanti. Ci tengo a dire che nel momento in cui questi ultimi entrano all'interno della Fondazione devono perdere questo tipo di qualifica. È previsto dallo Statuto che non ci sia alcun tipo di continuità con l'organo designante. Ci dev'essere un equilibrio tra le designazioni di carattere pubblico e le designazioni del mondo del volontariato, associativo, imprenditoriale ed ecclesiastico”.

È notizia degli ultimi giorni che avete destinato fondi all'abbattimento dei cosiddetti 'ecomostri'. È un'operazione che pensate di riproporre in futuro?

“Non solo prevediamo di farlo, ma abbiamo già previsto di incrementare la dotazione finanziaria per farlo in futuro. Si tratta di un bando che ha avuto una risonanza a livello nazionale: il nome 'Bando distruzione' è un qualcosa di innovativo. Se ci sono realtà che contrastano in modo palese con la terra Unesco vanno abbattute”.

Come vede il futuro della città di Cuneo e della provincia Granda?
 
“Bisogna partire dall'Europa, passare all'Italia e poi alla provincia. La realtà provinciale paragonata con altre aree del paese ha tanti punti in più: abbiamo una disoccupazione che è a livello dei Land tedeschi. Una qualità della vita che è percepibile da chiunque, ma ci sono anche sacche di povertà e di ingiustizia sociale.
Abbiamo molti motivi per crescere, non dobbiamo avere la presunzione di pensare di avere la ricetta in tasca. L'analisi dell'esistente ci consente di programmare, abbiamo bisogno di persone che possano dare a questa provincia una visione prospettica. Per questo abbiamo un Centro Studi così ben ferrato. Se ci fermiamo a risolvere i problemi dell'esistente non riusciamo a guardare avanti”.

Ha qualche modello in testa?

“Pensiamo a coloro che negli anni '90 hanno proposto la candidatura per Torino 2006 alle Olimpiadi. Immaginiamo cosa sarebbe successo oggi, con la crisi dell'Industria se il capoluogo piemontese non avesse avuto questa grande rinascita turistico-culturale, resa possibile dalle Olimpiadi.
Abbiamo bisogno di visionari, persone che ci facciano capire come vogliamo costruire questa realtà provinciale, ma non percepisco confini”.

Se andasse in porto Cuneo Capitale della Cultura 2020 sarebbe un bel punto di partenza.

“Gli unici sostenitori finanziari siamo stati noi. Un bel messaggio. Quando si tratta di erogare risorse per questo tipo di progetti noi ci siamo”.

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