Le
riflessioni di un cuneese dopo una visita nel ponente ligure hanno suscitato un forte interesse e sulla pagina Facebook del giornale i lettori hanno condiviso interessanti commenti, che qui ripropongo in parte perchè consentono di ampliare i punti di vista su temi complessi, ma sui quali è giusto vigilare per il bene dei nostri territori. Innanzitutto vorrei ribadire il mio grande amore per la Liguria e per il suo magnifico entroterra: se potessi, ci andrei a vivere. Camilla ha colto in alcune mie valutazioni su Triora amore per il territorio ma anche un po’ di snobismo: si tratta piuttosto di insofferenza verso la convinzione che per valorizzare la cultura di un luogo, la si debba a tutti costi ridurre a pillole, a spot, con una semplificazione pericolosa. Per rendersi conto di cosa è stato il fenomeno della persecuzione delle streghe bisogna visitare il museo di Triora, non fermarsi alle botteghe (patetiche non perché di scarso valore, ma perché fanno tenerezza nella loro ingenuità).
Andando oltre la splendida Triora, sono stati molti i commenti riguardo alla funzione del turismo, all’uso dei fondi PNRR, ai problemi legati allo spopolamento delle aree interne. Vincenzo, ad esempio, la mette giù dura sul turismo: "Nel modo in cui viene concepito ora è la più grande iattura del secolo. Stiamo diventando un popolo di pizzettari e friggi polpette, svendendo il territorio, le attività storiche, con un impatto ambientale mostruoso, e tutto questo per 20 denari (il 99% dei quali arricchisce forse i soli noti) senza creare un substrato economico solido e duraturo (che anzi sta scomparendo a causa della deindustrializzazione di cui siamo testimoni grazie ai nostri grandi politiclown)". Mauro aggiunge: "Da tempo tutti i borghi e cittadine si sono scoperti "turistici". Il concetto é molto ampio visti i vari segmenti del settore, in ogni caso se non c'è un attrazione occorre inventarla (…) È così ovunque, concordo che le risorse pubbliche vadano spese per migliorare le condizioni dei residenti (e quindi indirettamente degli ospiti) piuttosto che creare cattedrali nel deserto". Marco propone un’analisi circostanziata: "Triora è l'unico paese imperiese a godere di una storia simile non tutta priva di fondamento, che ha solo sviluppato in chiave turistica, altrimenti sarebbe già morto. Forse possiamo aggiungere, in tono minore Valloria con le sue porte dipinte e il popolo del canyoning del Rio Barbaira a Rocchetta Nervina. Scelte che tuttavia non hanno portato a scempi del territorio come nei borghi montani del cuneese dove in nome del Dio Sci, che tutto doveva salvare portando fuori dalla povertà i valligiani, hanno disboscato interi versanti, riversato sulle montagne milioni di metri cubi di cemento armato, tralicci, cavi, cannoni con km di tubazioni. Ed ora che la quota neve si alza di anno in anno si ritrovano con comprensori che presto si riveleranno sterili , vedi Viola St. Grée, territori che rimarranno segnati per sempre. Avere il coraggio di promuovere un nuovo turismo consapevole e di basso impatto potrà alla lunga riscattare entrambi e idealmente riunire i popoli liguri e del basso Piemonte. Federico constata che la maggior parte di quelli che vengono in Liguria sono interessati solamente ai 5 metri più o meno di sabbia, al mare possibilmente pulito ed al sole, tanto sole, dall'alba al tramonto. Quando parli dell'entroterra, ti rispondono che i boschi lì hanno anche a casa loro, gli unici ad avere un pallido interesse sono gli stranieri ma per il resto purtroppo il nulla cosmico".
A proposito dell’uso dei fondi del PNRR, molto interessante (e poetica) la riflessione di Anna Maria: "Abito in un paese montano, percepisco quanto sia reale la sua riflessione. Anch'io nei soldi europei, vedo un sogno che non ci porterà da nessuna parte. Continueranno a svuotarsi i paesi, privi dei servizi essenziali alla popolazione. Affondiamo aggrappati al PNRR come bambini che spalancano gli occhi alle luci delle giostre che già domani non brilleranno più". Mario propone alcune considerazioni disincantate: "Agricoltura e pastorizia stanno morendo. La montagna continua a spopolarsi, nonostante gli incentivi per richiamare giovani coppie. Sono troppo modesti. Manca un piano serio, economicamente mirato per sviluppare attività e infrastrutture.E poi il turismo rimane l'ultima risorsa. A patto che ci siano progetti per opere di accoglienza all'altezza dei tempi. L'incognita comunque c'è. Non su vede poco o nulla all'orizzonte. Chi è rimasto ha poco entusiasmo, è sfiduciato Aleggia un clima non ottimistico e viste le grandi difficoltà lo si può comprendere. I montanari sono gente tosta, ma sono ormai pochi e sempre meno considerati dalla politica. Un bacino di voti piuttosto esiguo condanna progressivamente gli abitanti delle valli all'oblio". Cesare pensa che i fondi del PNRR dovrebbero essere usati per creare infrastrutture per incentivare industrie e fabbriche, ma altri, come Marino e Giovanni, non sono d’accordo con lui. Paolo è convinto che i "soldi pubblici li danno a chi li sa prendere" e fa un riferimento ai ricchi imprenditori albesi che hanno ristrutturato piccoli borghi montani per affittarli ai turisti.
Dopo aver letto tanti commenti, mi rendo conto che il turismo è un “nervo scoperto” sia per chi ne ha troppo, sia per chi non ce l’ha e forse lo vorrebbe. Un tema dibattuto in molte sedi, da molti anni. Pensiamo al recente grido di allarme dell’UNESCO per Venezia, minacciata dal turismo di massa e dal suo indotto. Pensiamo a Barcellona, che nel 2017 ha approvato un Piano urbano speciale per la ricettività turistica, che aveva fondamentalmente lo scopo di ridurre il numero dei turisti, dopo le vibrate proteste degli abitanti per l’eccessiva invadenza del turismo di massa.
Per le aree interne il turismo può essere uno strumento di sviluppo, ma non potrà mai essere la panacea di tutti i mali, non sarà mai una bacchetta magica. Fa bene Maria Rita a suggerire la lettura del volume “Contro i borghi”, curato da Filippo Barbera e Antonio De Rossi. Tutta la retorica dei borghi non cambierà le sorti delle valli alpine o dell’entroterra ligure spopolati. Bisogna puntare soprattutto al potenziamento dei servizi essenziali per ricreare le condizioni indispensabili allo sviluppo sostenibile di una comunità: scuole, servizi sanitari, trasporti pubblici, negozi. Il turismo forse non è un’illusione, ma può sviare l’attenzione dalla ricerca di soluzioni strutturali e di lunga durata per lo sviluppo delle aree interne. Il PNRR, da questo punto di vista, rischia davvero di essere un’occasione mancata.
Chiudo con l’esilarante e ironico commento di Max: "Il legame indissolubile che unisce cuneesi e liguri è il fatto che entrambi sono tirchi da far schifo…".