Non è un mistero che i piani anti-contagio messi in campo dal governo abbiano avuto conseguenze pesanti sull’economia italiana e la Granda non fa eccezione. “Gli indicatori sono crollati anche nella nostra regione e nella nostra provincia, a cominciare dal settore dei servizi a quello del manifatturiero”, spiega il presidente degli industriali cuneesi Mauro Gola. In una conferenza stampa telematica il numero uno di Confindustria Cuneo ha sciorinato i dati previsionali per il secondo trimestre elaborati dal Centro Studi coordinato da Elena Angaramo.
Inutile dire che non ci sono segni positivi e gli indicatori si distinguono solamente per la quantità della regressione. Nonostante la paventata ripartenza del 4 maggio le aspettative prevedono un calo della produzione totale del 18% e un decremento della redditività del 22% ma, assicurano da corso Dante: “Ogni giorno che passa la fiducia degli imprenditori cala”. E non solo quella. “Una settimana aggiuntiva di lockdown significa un calo del PIL dello 0,7% - continua Gola -. In queste settimane c’è stato un crollo dell’export, ci vorrà molto tempo per recuperare, anche sotto questo aspetto i dati non sono positivi”. Lo scorso mese il 70% delle aziende della provincia di Cuneo ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali e una su cinque ha in programma di farlo nel prossimo trimestre.
La soluzione per comunicare a invertire la tendenza c’è. “Le nostre aziende vogliono aprire”. Non usa giri di parole la direttrice Giuliana Cirio per manifestare la volontà della classe imprenditoriale della Granda, che peraltro non si discosta da quella degli omologhi di altre province. “In queste settimane l’investimento fatto dalle imprese è stato adeguarsi al protocollo sicurezza: le più grandi sono state più veloci, ma anche le medio-piccole sono riuscite ad attuare le misure richieste: distanziamento sociale, misurazione della temperatura all’ingresso, in molti stanno rivedendo il layout dello stabilimento e hanno scaglionato i turni”.
“Anche dalle rappresentanze sindacali c’è il desiderio di ripartire - continua la Cirio -. Il momento è propizio anche perché i lavoratori ci chiedono di rientrare, c’è quasi una gara per essere tra i primi”. Il messaggio non ha bisogno di essere parafrasato: “Siamo in grado di garantire la sicurezza, riapriamo”. Secondo gli industriali il momento della ‘fase 2’ è giunto. “Le aziende sono pronte dal punto di vista culturale, gli imprenditori hanno maturato la consapevolezza che nulla sarà come prima”.
Da Confindustria anche una proposta alla Regione Piemonte: “Stiamo lavorando per fare a tutti i lavoratori il test sierologico (al momento al vaglio del Ministero della Salute), di modo da poter offrire uno ‘screening di massa’ sulla collettività”. Così facendo le imprese potrebbero far tornare a lavorare immediatamente chi non presenta il virus in corpo (si stima siano il 90% dei lavoratori), mentre i restanti verrebbero affidati al Servizio Sanitario.
La proposta potrebbe essere valutata favorevolmente da Torino, in quanto l’onere dei test sarebbe completamente a carico delle aziende e la Regione avrebbe un ulteriore monitoraggio dell’andamento dell’epidemia. Di contro c’è che, secondo quanto richiesto dagli industriali, la Sanità dovrebbe monitorare quel lavoratore su dieci, inserendolo nel sistema dei tamponi. Questo lascia qualche dubbio sulle tempistiche, in quanto il Piemonte sta procedendo a rilento sui test in quanto ha una capacità limitata (poco inferiore ai 6 mila tamponi giornalieri). Di certo se i sierologici fossero ritenuti affidabili dall’autorità sanitaria lo scenario potrebbe cambiare rapidamente.