Il trimestre invernale appena terminato ha fatto registrare sul Piemonte le temperature più calde degli ultimi settant’anni, con una media regionale di 4.5°C, ovvero quasi +3°C in più rispetto alla norma del trentennio di riferimento 1991-2020. Battuto di oltre mezzo grado e senza possibilità di appello il precedente primato che apparteneva a due inverni non molto lontani nel tempo: quello del 2020 e quello del 2007.
La mappa delle anomalie termiche invernali mostra come le zone montane e pedemontane abbiano fatto registrare anomalie anche più elevate rispetto alle zone pianeggianti, con punte di oltre +3.5°C in più rispetto alla norma: questo perché le giornate di inversione termica e di nebbia osservate in questa stagione hanno parzialmente mitigato le temperature sulle zone della pianura padana.
Numerose anche le giornate di foehn, superiori ai valori medi del periodo 2000-2020 (36 giorni rispetto ai 24 medi), che hanno contribuito ad innalzare le temperature. In particolare alcuni eventi intensi hanno fatto registrare valori record, come il 22 e il 23 dicembre o il 24 e 27 gennaio in cui la ventilazione forte ha determinato un marcato incremento delle temperature fino a 20-25°C sulle aree di pianura e media-bassa valle. In totale, dal 1° dicembre fino a ieri, due giornate su tre hanno fatto registrare temperature medie al di sopra della norma 1991-2020, con almeno quattro periodi in cui si sono raggiunti mediamente i record storici: fine dicembre, fine gennaio e prima decade di febbraio.
Nonostante sia stato l’inverno più caldo, a livello di singola stazione meteorologica della rete di monitoraggio meteo-idrologico di Arpa Piemonte, è stato registrato un solo primato di temperatura massima stagionale, il 25 gennaio 2024 a Susa Pietrastretta (TO) con 25°C, in occasione di un evento di foehn. Nel dettaglio dei mesi invernali, spicca febbraio 2024, il più caldo degli ultimi sette decenni, che ha contributo in modo importante all’anomalia termica complessiva: +3.9°C oltre la norma.
Per contestualizzare questi numeri, basti osservare che con i suoi 6°C medi, il febbraio 2024 sarebbe stato un mese di marzo sopra media (+0.5°C) e per la precisone, sarebbe il 18° marzo più caldo degli ultimi 70 anni circa. Insomma, uno spostamento della stagione in avanti di quasi un mese.
Anche a dicembre l’anomalia termica è stata rilevante: +2.6°C oltre la norma, e in questo mese abbiamo assistito al giorno più caldo della stagione, ovvero il 23 dicembre 2023 con una media delle temperature massime sul Piemonte pari a 15.8°C (20.1°C sui settori pianeggianti) e picco stagionale di 25.2°C a Cumiana (TO).
Complessivamente, per quanto riguarda le temperature, quest’ultima stagione invernale 2023-2024 va a chiudere un quinquennio molto caldo: quattro degli ultimi cinque inverni sono stati tra i dieci più caldi degli ultimi 70 anni, e due di essi (il 2024 appunto e l’inverno caldo e secco del 2022) sono sul podio, con il 2023 (4°) subito a ruota. Segnali forti di un clima che cambia e di inverni sempre più miti.
Spostando lo sguardo a livello locale e, in particolare a Torino grazie all'analisi storica elaborata dalla Società Meteorologica Italiana unita ai dati più recenti di Arpa Piemonte della stazione sita in via della Consolata, si nota come nel capoluogo piemontese l'inverno 2023-24 è stato il più caldo della serie dal 1753, con una temperatura media osservata di 7,7 °C e una anomalia di +2,7 °C rispetto alla norma 1991-2020, in linea con i valori medi regionali. Questo ultimo inverno ha superato il precedente record del 2019-2020 che era di 7,4°C.
Ma se per le temperature possiamo parlare di record storici e caldo anomalo, differente è stata la situazione delle precipitazioni che, grazie agli ultimi eventi piovosi e nevosi di fine febbraio, hanno fatto registrare a consuntivo valori ben al di sopra della norma climatica. In tutta l’area alla testata del bacino del Po, si sono osservati mediamente 240 mm di pioggia e/o neve, il 60% in più della media di riferimento 1991-2020. Come si vede in tabella, quasi tutto il contributo si è concentrato nel mese di febbraio, in cui ha piovuto e nevicato quattro volte in più della norma del mese.
In totale, abbiamo assistito a dodici giornate piovose (media regionale oltre i 5 mm), di cui otto concentrate a febbraio che ha chiuso al 4° posto tra i mesi corrispondenti più umidi degli ultimi 70 anni.
Per quanto riguarda la neve, le nevicate copiose degli ultimi giorni di febbraio hanno riportato in media storica l’SWE (Snow Water Equivalent, il volume di acqua immagazzinata nel manto nevoso) sul bacino del Po chiuso alla confluenza col Ticino, recuperando un divario significativo, frutto di un inverno che fino ad oltre metà stagione era stato piuttosto avaro di nevicate abbondanti, anche a causa delle alte temperature. L’innevamento medio al suolo, in termini di spessore, si è riportato infatti sui valori più consoni per il periodo, in particolare sui settori meridionali della regione dove il manto nevoso risultava scarso fino a quote elevate, fin dal mese di dicembre.
Le ultime abbondanti precipitazioni invernali hanno fatto sentire il loro benefico effetto anche sui corsi d’acqua: fino all'ultima settimana di febbraio i fiumi piemontesi presentavano diffusamente scostamenti negativi delle portate rispetto ai valori storici di riferimento, tranne la Dora Baltea su cui pesa lo scioglimento nivale. Alla sezione di chiusura del Po lo scostamento era di circa il 40%. Grazie agli ultimi apporti invece, i deflussi sono notevolmente aumentati e, a chiusura del mese di febbraio, gli scostamenti rispetto ai valori medi del periodo sono diventati positivi. In particolare, a nord del Po, il Sesia finalmente registra un + 45% di portata, la Stura di Lanzo +46% e ovviamente rimane positivo lo scostamento sulla Dora Baltea (+50%). Anche a sud è migliorato il quadro del deficit, il Tanaro in chiusura registra un +18%, Orba e Scrivia oltre il +70%. Alla chiusura piemontese del bacino del Po lo scostamento attuale è del +12%.
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