Il declassamento dello status di protezione del lupo risponde alle richieste delle Autorità locali e del mondo allevatoriale di una maggiore flessibilità per gestire attivamente le concentrazioni critiche di lupi. È quanto evidenzia Coldiretti Cuneo in riferimento all’approvazione definitiva da parte del Consiglio UE Competitività della proposta della Commissione europea di modificare la Convenzione di Berna per abbassare lo status di protezione del lupo in Europa da “rigorosamente protetto” a “protetto”.
Ora che gli Stati membri UE hanno dato il via libera, la Commissione europea sottoporrà la questione al Comitato permanente della Convenzione di Berna (sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei), che si riunirà a inizio dicembre.
“È un passo avanti notevole nell’approccio alla gestione di un evidente disequilibrio che nella Granda ha portato a centinaia di capi ovicaprini e bovini uccisi negli ultimi anni, dalle vallate alpine fino alla pianura. Finalmente si affronta l’emergenza senza ideologie” afferma il presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada.
“I numeri confermano che il lupo non è più in pericolo d’estinzione, anzi il rischio vero oggi è la scomparsa della presenza dell’uomo dalle montagne e dalle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie e di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle razze storiche” sostiene il direttore di Coldiretti Cuneo, Fabiano Porcu.
Secondo il Monitoraggio nazionale pubblicato lo scorso anno nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU in sinergia con l’ISPRA, sono circa 600 i lupi sulle Alpi piemontesi, pari a quasi il 70% degli esemplari presenti nel Nord Italia, con il maggior numero di branchi ed individui rilevati in Provincia di Cuneo. Ci sono più lupi in Piemonte - evidenzia Coldiretti Cuneo - di quanti ne ha l’intera Svezia, tanto per fornire una proporzione di territorio.
“Sul nostro territorio la presenza del lupo si è moltiplicata nel giro di pochi anni con il ripetersi di predazioni che costringono alla chiusura delle attività e all’abbandono delle terre alte e delle aree interne. È evidente come i vari strumenti di mitigazione sinora proposti, dalle reti elettrificate ai cani da guardiania, non siano in grado di prevenire efficacemente i conflitti, anche laddove correttamente applicati” conclude il presidente Nada.