I rappresentanti delle organizzazioni sindacali delle professioni infermieristiche sono stati sentiti ieri, lunedì 16 novembre, dal gruppo di lavoro sulla gestione dell’emergenza Covid-19 in Piemonte, presieduto da Daniele Valle. All’audizione sono intervenuti i delegati della Funzione Pubblica Sanità di Cgil, Cisl, e Uil, Usae Fsi, NurSind, Nursing up e Coina, che hanno parlato di un “sistema sanitario regionale su cui ha pesato il piano di rientro e che si porta dietro debolezze strutturali che la pandemia ha fatto emergere, a partire dalla medicina e dall’assistenza territoriale”.
Discorso analogo per le dotazioni organiche degli ospedali, che “vanno incrementate per fare fronte all’aumento di posti letto dovuto all’emergenza e per garantire da una parte la certezza delle cure per tutti, dall’altra la tutela della salute e la sicurezza per i lavoratori”. Senza contare che infermieri e operatori socio sanitari del pubblico vengono impiegati, con prestazioni aggiuntive, anche all’interno delle residenze sanitarie assistite, in cui manca personale. Poi problemi con gli screening, carenze di organico, organizzazione non appropriata in alcuni ambiti.
Sul tema, Domenico Rossi e Raffaele Gallo (Pd) hanno chiesto quante siano state finora le nuove assunzioni, a fronte delle 2500 annunciate (di cui oltre 1000 per infermieri). Gli auditi hanno parlato di difficoltà a reperire i dati dalle aziende sanitarie e capire quali tipologie contrattuali siano state attivate, ricordando che ci sono graduatorie aperte per l’assunzione di 500 unità a tempo indeterminato.
Marco Grimaldi (Luv) ha invece posto domande sull’attuazione del piano di sorveglianza sanitaria per gli operatori sanitari, sul reperimento del personale infermieristico per le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) e sul coordinamento delle politiche nelle Asl, dove i protocolli regionali vengono applicati in modi differenti. Sul primo punto i sindacati hanno sottolineato che “ancora oggi molte aziende non hanno attuato i protocolli regionali, altre si sono attivate in ritardo andando a intasare il lavoro dei laboratori che processano i tamponi”.
Riguardo al personale che presta servizio nelle Usca, è stato precisato che arriva da altri servizi territoriali (servizi di igiene pubblica, assistenza domiciliare eccetera) e dalle aree di degenza.